Il fatto che non sussiste non è stato commesso (di Giacomo Cavallo)

Con l’assoluzione del Dott. Bertolaso, anche in attesa delle motovazioni, spero che finalmente si possa dire conclusa la vicenda “processuale” della riunione di esperti che ha preceduto il Terremoto dell’Aquila – a meno che i colpevolisti non si ostinino a buttare via tempo e denaro per creare processi che non hanno ragion d’essere, con il compito di giudicare reati inesistenti, dimenticando le sentenze della Corte di Cassazione e soprattutto d’Appello, ma anche parte della sentenza di primo grado.
Non compresi mai come si potesse montare un nuovo processo contro il Capo della Protezione Civile in carica al tempo del Terremoto dell’Aquila. Mi sono sempre chiesto come il processo a quest’ultimo potesse andare al di là di un’accusa di “culpa in vigilando”, già discussa e condannata. Di fatto, allo Stato è stata unicamente riconosciuta la “culpa in vigilando” applicata al solo De Bernardinis, colpa senz’altro, ma relativamente minore. E comunque, colpa e non dolo, distinzione ben nota a coloro che si occupano di Diritto.

Ora, però, se ho ben capito, la condanna di De Bernardinis avrebbe dovuto essere la base logica di una condanna a Bertolaso. E’cioè saltata fuori di nuovo l’accusa a Bertolaso di aver “organizzato un’operazione mediatica perché vogliamo rassicurare la gente”. Ma, secondo la sempre dimenticata sentenza di Corte d’Appello, il fatto non sussiste, cioè l’operazione non ebbe luogo, cioè non fu messa in atto dagli imputati di allora. D’altra parte, se si insiste a dire che l’operazione ebbe luogo, perché furono processati gli esperti dell’Aquila, che non vi parteciparono? Perché non si misero sotto accusa coloro che misero in essere l’operazione mediatica? Per una ragione semplice, perché non esistevano, in quanto non ci fu mai l’operazione mediatica, quanto meno nel senso criminoso e doloso voluto dai travisamenti dei media e dei colpevolisti. Inoltre “non aver commesso il fatto” non significa “insufficienza di prove”, come invece leggo sul “Fatto Quotidiano” (30 settembre 2016).
Qui veramente si cade nel ridicolo: come si possono portare prove sufficienti di aver organizzato un fatto che non sussiste?

Leggo ancora sul Fatto Quotidiano che, secondo un altro commentatore, la sola condanna per Bernardo De Bernardinis “è troppo poco e, soprattutto, se è stato condannato lui, per conseguenza ovvia e logica andava condannato anche Bertolaso, leggendo le carte e sapendo com’è andata la storia”. Ebbene, la storia bisogna ricordarla quale essa è stata, le carte bisogna saperle leggere e la logica bisogna saperla usare.
De Bernardinis non è stato condannato per aver eseguito pretesi ordini di Bertolaso, ma per aver parlato a vanvera, esprimendo una sua opinione (che magari gli era stata ispirata dal suo capo), ma prima della riunione della commissione di esperti, senza rendersi conto che la sua posizione gli dava un’autorità che avrebbe fatto dimenticare che le sue affermazioni, venendo prima della fatidica riunione, non avevano con questa alcuna relazione e quindi non dovevano avere alcun peso scientifico. E difatti solo alle sue sfortunate affermazioni hanno fatto costantemente riferimento i testimoni delle parti civili, e solo esse sono state continuamente (e colpevolmente) citate dai media.
Questa è la sua responsabilità, che non può essere attribuita a Bertolaso, il quale non avrebbe avuto bisogno di convocare quattro esperti di fama all’Aquila, se fosse bastato ordinare a De Bernardinis di fare qualche affermazione pseudoscientifica “per rassicurare la gente”.

Forse ha ragione chi dice che mentre ci scanniamo per problemi inesistenti passa inesorabile il tempo e li risolve tutti. Speriamo che questa volta si sbrighi e dia modo al Paese di concentrarsi sull’unica difesa dai terremoti che consiste nel rafforzare le costruzioni e migliorare la loro capacità di resistere al terremoto.

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