A proposito di terremoti “di origine antropica”: aspetti generali (conversazione con Enrico Priolo)

Premessa. Attorno ai terremoti chiamati “di origine antropica” vi è molta confusione, generata soprattutto dai media ma anche, forse inconsapevolmente, da alcuni addetti ai lavori. L’immaginario più diffuso vorrebbe che questi terremoti siano una categoria completamente a parte rispetto ai terremoti di origine naturale; in definitiva che senza l’intervento dell’uomo non verrebbero generati. Le cose non stanno esattamente così; non va trascurato, tra le altre cose, il fatto che l’energia rilasciata da un terremoto deve essersi accumulata in qualche modo: occorre dunque capire se le attività umane sono del tutto responsabili di questo accumulo, e ciò pone ulteriori difficoltà, anche considerando le possibili conseguenze in termini di eventuali responsabilità.
Per cercare di fare un po’ di chiarezza abbiamo rivolto qualche domanda a Enrico Priolo. Poiché l’argomento è complesso e necessita di approfondimento, questa conversazione è divisa in due parti: la prima è dedicata agli aspetti generali, la seconda alla situazione italiana.

Enrico Priolo è stato per quasi quarant’anni ricercatore presso l’OGS, e direttore del Centro di Ricerche Sismologiche dell’OGS dal 2003 al 2008. È stato responsabile delle reti di monitoraggio delle attività di stoccaggio sotterraneo di gas a Collalto in Veneto e Cornegliano Laudense in Pianura Padana. Inoltre, è stato membro del gruppo di esperti nominato dal Ministero dello Sviluppo Economico per la stesura degli Indirizzi e Linee Guida per il monitoraggio delle attività svolte nel sottosuolo, ed è membro dell’Innovation Advisory Commettee del Thematic Core Service Anthropogenic Hazard del consorzio EPOS.

3CD_3B7_446698_905291284_6

Campi con torri di perforazione per l’estrazione del gas di scisto in Wyoming (USA). L’immissione di acque/fluidi di scarto di produzione derivanti dalla produzione di gas di scisto ma anche di altre attività industriali può innescare eventi sismici nel sottosuolo. Credito: Bruce Gordon, EcoFlight, CC BY 2.0

Puoi precisare ai lettori quali sono le tipologie di attività antropiche che possono contribuire a generare terremoti cui la ricerca scientifica fa riferimento?
La maggior parte delle attività che può generare terremoti è legata allo sfruttamento di risorse naturali, in particolar modo alla produzione di energia, argomento molto attuale. Storicamente, le miniere (di materiali lapidei, di carbone, e di diamanti) sono state i primi ambienti dove l’uomo ha generato terremoti. I terremoti si manifestano in forma molto simile a scoppi e sono dovuti al cedimento improvviso della roccia che, sottoposta naturalmente a sforzi tettonici e a compressione per il carico del materiale sovrastante, si riequilibra quando viene rimossa una porzione di materiale.
Poi, anche in ordine cronologico, ci sono i bacini idrici artificiali, che sono spesso identificati attraverso le dighe che intercettano e accumulano l’acqua lungo il corso dei fiumi. I meccanismi con cui i bacini idrici possono produrre terremoti sono principalmente due: a) l’effetto gravitativo, cioè il peso della massa d’acqua accumulata che agisce sulla roccia sottostante, e in particolare sulle faglie (discontinuità o frattura della roccia) eventualmente esistenti nel sottosuolo; b) l’effetto della pressione di poro, ovvero quello legato alla imbibizione e diffusione dell’acqua in profondità nel sottosuolo. Nel primo caso viene modificato lo stato delle forze statiche; il bacino idrico col suo carico può destabilizzare (ma anche stabilizzare) una faglia nel sottosuolo, a seconda delle caratteristiche geometriche della faglia e del campo di stress tettonico esistente. Nel secondo caso, l’acqua si infiltra e si muove all’interno di tutti i vuoti esistenti e, nel caso di faglie esistenti e già sottoposte naturalmente a carichi tettonici, trasmette tutte le variazioni di pressione, agendo talvolta come una sorta di lubrificante tra le superfici della faglia stessa; in sostanza agevolando, ovvero anticipando, la rottura di una faglia già prossima alla rottura. Per i bacini idrici artificiali, la fase più pericolosa per quanto riguarda la sismicità indotta è quella dei primi anni di riempimento e messa in esercizio. Successivamente, quando il sistema si stabilizza, si manifesta una micro-sismicità prevalentemente legata alle fluttuazioni del livello d’acqua dell’invaso.

Un altro tipo di attività è quello legato alla produzione di idrocarburi. L’estrazione di idrocarburi (olio o gas) svuota i depositi in profondità e crea uno stato di tensione nella crosta terrestre circostante che può dare origine a terremoti. Nei giacimenti di idrocarburi (spesso confinati, cioè in cui il deposito è sigillato da barriere di roccia o acqua che impediscono la comunicazione della pressione con l’esterno) si usa re-iniettare le acque reflue di produzione, le cosiddette acque di strato; esse in parte compensano la perdita di pressione interna e non creano problemi dal punto di vista della sismicità. Tuttavia, l’estrazione di olio o gas genera molti “scarti”, che devono essere smaltiti; nei decenni recenti si è affermata la pratica di re-iniettare questi fluidi esternamente al giacimento in pozzi profondi, all’interno di strati che stanno al di sotto dei livelli produttivi. C’è dunque una maggiore possibilità che i fluidi iniettati intercettino zone sismogenetiche, in quanto sottoposte a stress tettonico. E ciò è tanto più vero quanto più i volumi dei fluidi iniettati aumentano e si diffondono all’interno degli strati profondi.
Questa pratica di re-iniezione delle acque reflue in profondità è diventata una prassi in particolari tipi di giacimenti che sfruttano la presenza di microscopiche frazioni di idrocarburi dispersi nella roccia madre, come i giacimenti in rocce di scisto (oil- e gas-shales), che in Italia, peraltro, non esistono. Con la tecnica chiamata fracking (idro-fratturazione delle rocce ad alta pressione) vengono estratti idrocarburi a fronte della produzione di enormi quantità di scarti liquidi. Il fracking, di per sé, produce solo microsismi —con mini-cariche esplosive si frattura la roccia per liberare gli idrocarburi in essa contenuti— che hanno impatto per lo più trascurabile per l’uomo. E’ la reintroduzione dei fluidi in profondità, invece, la causa dell’enorme aumento dei terremoti indotti a livello mondiale e, in conseguenza, delle preoccupazioni e dell’ostilità da parte della popolazione.

Ci sono poi gli stoccaggi sotterranei di gas per i quali, nel mondo, sono usate diverse modalità. Essi possono provocare terremoti, ma bisogna anche dire che tra le varie modalità di stoccaggio sotterraneo ve ne sono alcune ritenute particolarmente sicure anche riguardo la sismicità indotta, come quella di usare depositi di gas naturali esauriti (cioè dove il gas si è creato naturalmente e già sfruttati per la produzione). Questo tipo di stoccaggi è l’unico utilizzato in Italia, e naturalmente è fondamentale che essi siano ben gestiti e controllati. Altra attività attuale per la produzione di energia in modo sostenibile è la geotermìa. Anche in questo caso vi sono svariate modalità di recupero del calore dal sottosuolo, e non tutte sono “pulite”. I maggiori problemi in termini di sismicità indotta si generano in due situazioni. La prima è quando il sistema di circolazione di acque calde profonde viene alimentato con ulteriore (molta) acqua a temperatura più bassa, per “estrarre” il calore residuo delle rocce. La seconda è la cosiddetta stimolazione di sistemi anidri (ovvero rocce prive di acqua) ad elevata temperatura, tecnica con cui vengono dapprima generate fratturazioni artificiali per aumentare la permeabilità della roccia anidra e successivamente viene iniettata acqua per estrarre il calore. Basta pensare a cosa succede se si riempie di acqua fredda un bicchiere rovente appena uscito dalla lavastoviglie, per capire cosa succede. C’è una forte sperimentazione di queste tecniche perché si ritiene che la risorsa geotermica possa essere una delle soluzioni per il futuro per generare energia in modo sufficientemente pulito e sostenibile. Spesso l’attività di sfruttamento geotermico si svolge in prossimità di grandi città, perché è lì che c’è il massimo bisogno di energia, e sfortunatamente ci sono stati alcuni casi importanti di terremoti a seguito di stimolazioni geotermiche avvenuti vicino a grandi centri (es. Basilea nel 2006 e Pohang in Corea nel 2017). Tuttavia vi sono altri casi in cui ciò non è successo e la produzione di energia procede in modo regolare (es. Helsinki).
Concludo questa carrellata, per completezza, con le altre attività umane, talvolta meno note,che possono generare sismicità e non sono legate allo sfruttamento di georisorse. La realizzazione di infrastrutture (gallerie, tunnel sottomarini); la costruzione di edifici, che esercitano pressioni molto localizzate (ricordiamo il caso del grattacielo di Taipei a Taiwan, che si ritiene abbia innescato un terremoto M3.8 nel 2004). Infine, impianti industriali (es. cementifici) e mezzi di trasporto (treni e veicoli pesanti) non generano terremoti in senso stretto, ma producono vibrazioni sismiche che possono avere un certo impatto sull’edificato e causare gran disturbo alla popolazione.

Da quanto detto sembra che i terremoti di origine antropica si possano diversificare a seconda delle attività umane. Se ciò è vero, quali sono le principali tipologie di terremoti di questa origine?

Volendo distinguere le tipologie di terremoti che l’uomo può generare ci dovremmo riferire alle diverse tipologie di sorgenti, perché il campo sismico propagato risponde alla medesima fisica per tutte le sorgenti. Questa distinzione ha interesse soprattutto scientifico, ma relativamente scarsa rilevanza per quanto riguarda la percezione da parte della popolazione e i danni potenzialmente causati. Riconoscere e studiare le modalità con cui la sismicità indotta si produce è però estremamente importante dal punto di vista scientifico, perché questo è l’unico modo che possiamo usare per sviluppare criteri e metodologie di gestione delle attività attraverso le quali si possa contenere, se non proprio controllare, la sismicità generata entro livelli accettabili.
Un concetto importante per comprendere meglio come si generano molti terremoti indotti è quello di stato di sforzo critico in cui si trova la crosta terrestre, che, sottoposta a enormi ma lenti movimenti tettonici, accumula al suo interno stress (in italiano, sforzo) meccanico. Questo accumulo di stress è molto difficile da quantificare, e quindi in generale non siamo in grado di sapere se le rocce in profondità siano in uno stato prossimo alla rottura (appunto, stato critico), tale che basti una minima perturbazione dello stato di sforzo per anticipare (ma, talvolta, anche ritardare) il rilascio del terremoto che comunque si starebbe preparando. Va detto che queste perturbazioni del campo di stress sono prodotte anche da numerose cause naturali, come ad esempio altri terremoti, le precipitazioni piovose, lo spessore del manto dei ghiacci, etc.
Ritornando alla domanda, si riconoscono due tipologie principali di terremoti di origine antropica, rispettivamente quelli “indotti” in senso stretto e quelli “attivati” o “innescati” (dall’inglese “triggered”). Si parla di terremoti indotti, in senso stretto, quando le attività antropiche sono responsabili della gran parte delle variazioni del campo di stress che genera la sismicità. In un terremoto indotto, la sorgente rilascia l’energia che è stata accumulata a seguito delle attività svolte. Si usa invece il termine di terremoti innescati per quegli eventi che sono generati da una perturbazione ridotta rispetto allo stato di sforzo in cui la roccia (prossima allo stress critico) si trova già; questa perturbazione può essere o un incremento dello stress lungo direzioni che favoriscono la rottura o una riduzione della forza d’attrito all’interno delle faglie presenti. Per un terremoto innescato, la sorgente rilascia energia che è fondamentalmente “naturale” (di origine tettonica), tuttavia l’uomo induce ovvero facilita/accelera la rottura come effetto indiretto della propria attività. Da quanto detto si intuisce anche che le attività̀ antropiche non sono in grado di indurre (in senso stretto) grandi e disastrosi eventi sismici ma possono invece innescarli.
Vi sono però terremoti che non ricadono in maniera netta in nessuna di queste due tipologie, ovvero sono un misto delle due. Ad esempio i terremoti che avvengono a seguito delle stimolazioni appartengono a questa tipologia. In generale, comunque, si può sempre parlare di sismicità indotta, o terremoti indotti, comprendendo tutti i casi enunciati, e la distinzione sulla tipologia di terremoto indotto viene menzionata solo se si vogliono meglio specificare certi fattori.

Tornando alle due tipologie principali, le principali cause di innesco di terremoti possono essere: a) la rimozione o l’aggiunta di grandi masse di materiale; b) l’estrazione o iniezione di fluidi in profondità in volumi confinati; c) l’iniezione o la percolazione o la circolazione di fluidi in profondità. Per a e b viene perturbato lo stato di sforzo nell’intorno della zona di attività, mentre per c, il fluido, penetrando in profondità all’interno delle fessure e delle faglie, esercita una pressione che allenta l’adesione delle due parti a contatto e riduce quindi la capacità della faglia di resistere allo stato di sforzo cui è già sottoposta.
Vorrei infine sottolineare l’importanza della profondità nella generazione della sismicità a seguito delle attività antropiche, dato che è a profondità elevate (alcuni km) che si accumula lo stress tettonico. Quindi l’iniezione di grandi volumi di fluidi è pericolosa se fatta in profondità perché la loro diffusione aumenta la probabilità di intercettare faglie pronte alla rottura. Similmente per le stimolazioni geotermiche (per le quali si cerca di scendere in profondità per trovare alte temperature) lo stress termico può avere un effetto maggiore in rocce già sottoposte a elevato stress tettonico.

Da quanto tempo si è cominciato a ipotizzare scientificamente la possibilità che alcuni terremoti siano di origine antropica?

La parola “scientificamente” mi costringe, giustamente, a non parlare delle ipotesi che ritengono la genesi dei terremoti come una punizione divina per dei comportamenti da parte dell’uomo ritenuti scellerati dal punto di vista morale; ciò non solo nei tempi antichi, ma anche di recente, come è ad esempio emerso da alcune dichiarazioni pubbliche durante l’ultima sequenza sismica che ha colpito l’Italia Centrale.
I primi studi scientifici sistematici sulla sismicità indotta sono stati sviluppati già negli anni ’50 per le miniere (soprattutto nel Regno Unito) e negli anni ‘60-’70 a seguito di alcuni casi importanti quali l’attività di produzione di olio con re-introduzione delle acque residue di strato in profondità a Rangely (Colorado), l’attività estrattiva di gas a Lacq (Francia) e a Gazli (Uzbekistan), e la realizzazione del bacino idrico con la diga di Koyna (India).
In Italia, vanno ricordati alcuni studi condotti da Pietro Caloi, geofisico dell’allora Istituto Nazionale di Geofisica, per il terremoto di Caviaga nel 1951, associato all’attività di estrazione del gas dal deposito omonimo (uno dei depositi considerati giganti che diede impulso allo sviluppo dell’allora AGIP), e successivamente, all’inizio degli anni ’60, per i microsismi provocati dal movimento della massa rocciosa che poi avrebbe causato il disastro del Vajont.
Collocando delle date importanti riguardo alla fenomenologia della sismicità indotta, direi che un altro periodo importante è rappresentato dalla prima decade degli anni 2000. Relativamente a questo periodo, ritengo utile ricordare alcune esperienze: ognuna di queste è stata seguita da numerosissimi studi scientifici e ha determinato sostanziali avanzamenti nelle conoscenze scientifiche e nella “coscienza” pubblica.
La prima è quella del terremoto M3.4 di Basilea del 2006, a seguito della sperimentazione di geotermia stimolata. Il terremoto produsse numerosi danni di debole entità e spavento in città e il progetto dell’impianto fu bloccato. La scossa principale si verificò a seguito di numerosi sciami di sismicità debole, per lo più non percepita dalla popolazione, effetto dei test di stimolazione. Probabilmente l’evento forte si sarebbe potuto evitare attuando modalità di controllo differenti, ma questa è una considerazione fatta con il senno di poi, dato che l’esperienza quella volta era limitata. Il caso di Basilea ha aperto la strada a una miriade di studi scientifici e di conoscenze che da allora sono progredite.
Un altro caso importante è quello dell’attività di produzione di gas olandese, di cui Groeningen è il principale centro. L’area di Groeningen (Olanda settentrionale) ospita il più grande giacimento di gas naturale europeo in terraferma e la produzione di gas, iniziata negli anni ’60, valeva fino a pochi anni fa più del 10% dell’intero bilancio olandese. Dal 1986, oltre a importanti fenomeni superficiali (subsidenza) incominciò a manifestarsi una sismicità inizialmente debole, ma che divenne via via più significativa, generando più di mille scosse nel corso degli anni successivi e un terremoto di magnitudo 3.6 nel 2012. Considerando che l’area non conosceva alcuna sismicità nel passato e gli edifici non erano stati costruiti seguendo criteri antisismici, questi fenomeni produssero danni, seppur lievi, in moltissimi edifici e generarono una forte opposizione nella popolazione locale.
La terza esperienza è lo studio pubblicato da W. Ellsworth nel 2013 in cui viene mostrata la prima evidenza a livello statistico (quindi di grandi numeri) della sismicità indotta. In pratica, questo studio mostra che, a partire dall’inizio degli anni 2000, il numero complessivo dei terremoti rilevato negli Stati Uniti, cresciuto fino a quel momento in modo uniforme, comincia ad aumentare con un tasso molto più elevato: questo incremento, mai riscontrato fino a quel momento, non è dovuto a cause naturali ma è effetto della sismicità indotta dalle attività umane, e principalmente —anche se non unicamente— allo sviluppo della tecnologia di estrazione mediante fracking. I “nuovi” terremoti comprendono numerosissimi eventi deboli con magnitudo da meno di 2 a 3, ma anche alcuni eventi più forti come il terremoto M5.7 avvenuto in Oklahoma nel 2011. Dato che le stime di pericolosità sismica si basano sul sul tasso di occorrenza dei terremoti, questo evidente incremento di sismicità innescò svariate discussioni sull’aggiornamento delle mappe di pericolosità adottate a livello nazionale.
L’ultima esperienza che voglio citare è quella di “Castor”. Il progetto Castor consisteva nello sviluppo di un impianto di stoccaggio di gas sotterraneo utilizzando come deposito il giacimento esaurito di olio di Amposta, situato nel Golfo di Valencia a circa 20 km dalla costa spagnola. L’iniezione di gas iniziò nel settembre 2013 e culminò con un terremoto M4.3 il 4 ottobre 2013, che è stato uno dei più forti associati a operazioni di stoccaggio del gas. Studi successivi spiegarono che la pressione dovuta all’iniezione del gas aveva attivato un ramo secondario del sistema di faglie di Amposta, situato direttamente sotto il giacimento. Questo caso mostrò che, per lo stoccaggio del gas, l’uso dei giacimenti di petrolio esauriti è più critico rispetto di quello dei giacimenti di gas esauriti, soprattutto nelle fasi iniziali, perché, dato che l’olio originariamente contenuto è molto più denso e viscoso del gas iniettato per stoccaggio, non è detto che il serbatoio sia in grado di garantire la tenuta del gas al suo interno. Inoltre, a causa del sistema di monitoraggio troppo povero, non fu rilevata tempestivamente la microsismicità risultante dalla migrazione del gas iniettato verso il sistema di faglie. Questi fattori, insieme alla lentezza decisionale e alla “prudenza” nell’interrompere le attività in corso per motivi industriali, fecero sì che i fenomeni di sismicità indotta andassero fuori controllo. Il danno economico fu enorme, con l’ulteriore beffa che i debiti conseguenti furono addossati allo stato, ovvero alla popolazione spagnola. Relativamente a questa esperienza, consiglio vivamente di ascoltare la presentazione (in italiano) di M. Garcia-Fernandez che ho inserito in bibliografia.

Schermata 2023-02-18 alle 16.45.49Rappresentazione grafica di uno dei meccanismi di innesco di terremoti da parte di attività svolte nel sottosuolo. La comprensione di questi meccanismi e la capacità di riconoscere e seguire l’evoluzione dei fenomeni che avvengono nel sottosuolo, in primis quelli sismici, sono argomenti di ricerca molto attuali. A questo argomento è dedicato una sezione speciale dell’importante rivista Journal of Geophysical Research – Solid Earth, dal titolo “Understanding and Anticipating Induced Seismicity: From Mechanics to Seismology”, da cui la presente figura è tratta.  

Quali sono i livelli energetici “massimi” riferibili ai terremoti antropogenici?

Prima di rispondere è necessario fare una premessa e introdurre un paio di concetti. La premessa riguarda le fonti di dati parametrici sui terremoti di natura antropica. Pur essendoci varie fonti, direi che quella più esaustiva, in termini di eventi principali, deriva dal progetto di ricerca internazionale HiQuake (Foulger et al, 2018) che censisce gli eventi indotti o supposti indotti in seguito a studi scientifici. I dati sono riportati in un sito, regolarmente aggiornato, cui si può accedere liberamente (http://inducedearthquakes.org/) e da cui si possono ricavare moltissime informazioni (nella bibliografia in fondo a questa intervista ho riportato i link diretti al database e alla pagina dei riferimenti bibliografici). Sono inclusi nel database, e dunque sono classificati come indotti, eventi per i quali anche un solo lavoro scientifico ipotizza la possibile origine antropica; dunque, per molti casi queste informazioni vanno prese con molta, sottolineo, molta prudenza. Gli autori di HiQuake non necessariamente aggiungono lavori successivi che reinterpretano in qualche modo gli eventi, quindi eventi ipotizzati come indotti magari da un solo lavoro iniziale mantengono la classificazione di “evento indotto” senza possibilità di remissione. Questo è il caso, per esempio, dei due terremoti avvenuti in Pianura Padana nella località di Caviaga nel 1951. Il lettore tenga ben presente queste considerazioni nel prosieguo.
Il primo concetto è che la sismicità antropogenica deriva nella maggior parte dei casi dal progressivo accumulo di certe quantità correlate alle attività svolte: per esempio, accumulo di acqua che si infiltra e diffonde nel sottosuolo, accumulo di stress meccanico dovuto all’estrazione di materiale, accumulo di stress poro-elastico dovuto all’iniezione o estrazione di gas, accumulo di stress termico dovuto all’iniezione di fluidi in rocce calde. Eccetto che per le esplosioni o l’impatto di grandi masse, lo sviluppo di sismicità è quindi progressivo e parte, di norma, con il manifestarsi di micro-sismicità, inizialmente localizzate nelle zone di origine dell’attività e che poi via via si diffonde.
Poi, riguardo ai livelli energetici della sismicità indotta, la prima cosa da dire è che, in genere, essa si manifesta inizialmente come microsismicità localizzata in un intorno abbastanza stretto dell’attività svolta. Poi, nel tempo, se non viene raggiunto uno stato di equilibrio e se l’accumulo dei fattori influenti prosegue, la sismicità può aumentare e diffondersi in volumi di roccia via via più ampi fino a interessare zone di faglia anche importanti. Perciò la magnitudo dipende spesso dai sistemi faglia intercettati più che dall’attività stessa —è ovvio che qui ci stiamo riferendo alla sismicità innescata—, ed è quindi difficile definire in modo univoco una magnitudo massima che può essere indotta da una data attività. Inoltre, dobbiamo sempre tenere presente che in molti casi non è certa, ma solo possibile, l’attribuzione di un terremoto ad una certa attività, quindi i valori di magnitudo massima possono essere certamente sovrastimati.
Tuttavia, seguendo i principi già esposti si riescono a trarre delle considerazioni di carattere generale (per dati di base e i valori di magnitudo massima mi riferirò a quanto riportato da HiQuake, mentre ulteriori considerazioni sono mie personali). Bacini idrici, estrazione di acque dal sottosuolo e produzione di olio e gas convenzionale sono le tre classi per cui HiQuake documenta le magnitudo massime più elevate, con valori che superano il 7.
I bacini idrici, soprattutto quelli profondi oltreché grandi, sono i principali candidati a generare terremoti forti, soprattutto nei primi anni di messa in esercizio. Numerosi terremoti di magnitudo superiore a 6 e in qualche caso anche a 7 sono attribuiti ai bacini idrici (ricordo, per esempio, il terremoto di M6.3 di Koyna (India) del 1967, due terremoti in Grecia, rispettivamente M6.2 di Kremasta nel 1966 e M6.5 di Polyphyto nel 1995; ma anche per il terremoto M7.9 del Sichuan (o Wenchuan), Cina, avvenuto nel 2008 si ipotizza —sottolineo il “si ipotizza”— una possibile origine antropica dovuta al bacino formato dalla diga Three Gorges. Un caso molto noto è quello del terremoto M5.7 di Assuan (Egitto) del 1981, che avvenne 15 anni dopo il riempimento dell’invaso delimitato dalla diga omonima.  Inoltre, si ipotizza che l’estrazione di acque sotterranee possa aver causato il terremoto M7.8 di Ghorka (Nepal) del 2015. HiQyake attribuisce circa 200 casi ai bacini idrici e circa una decina all’estrazione di acque sotterranee.
Per l’estrazione convenzionale di olio e gas, sono citati tre terremoti di magnitudo superiore a 7.  Tra questi troviamo il terremoto M7.3 di Gazli (Usbekistan) del 1976, ben noto in letteratura, avvenuto relativamente vicino a un giacimento gigante da cui veniva estratto gas, e per il quale vi sono lavori scientifici di orientamento diverso. Tuttavia, troviamo anche due eventi molto forti, quali il terremoto M7.5 avvenuto nel 1995 a Neftegorsk all’estremo est della Russia, e il terremoto M7.4 avvenuto a Izmit in Turchia nel 1999, che si ipotizza possano essere causati dall’uomo in base a singoli studi, con argomentazioni che, a mio parere, dovrebbero essere come minimo approfondite. Per gli altri casi documentati (più di un centinaio) le magnitudo si attestano da circa 6 in giù.
Per la geotermia, su una settantina di casi censiti si documentano due casi con magnitudo 6.6 (in Messico e Islanda), poi si scende dal 5.5 in giù. Come caso importante ricordiamo il recente terremoto M5.5 di Pohang (Corea del Sud) nel 2017.
Per le miniere sono documentati circa 300 casi, e le magnitudo si sgranano da magnitudo 6.1 (terremoto generato da una miniera di carbone a Bachatsky, Russia, nel 2013) in giù.
Più di 400 casi sono documentati per il fracking, con magnitudo massima di 5.2 per un evento avvenuto in Cina nel 2018. Tuttavia il database distingue la categoria di “fracking” e quella di “reiniezione di fluidi di scarto” di vario tipo, la quale include in maniera massiccia i fluidi di scarto derivanti dal fracking stesso. Sicché, la categoria di reiniezione di fluidi di scarto nel sottosuolo registra una ulteriore cinquantina di casi, con magnitudo massima 5.8, i cui casi più forti sono due terremoti ben noti in ambiente scientifico avvenuti entrambi in Oklahoma, rispettivamente a Pawnee nel 2016 e Prague nel 2011, entrambi dovuti ad attività di produzione di idrocarburi con la tecnica del fracking.
Infine menziono anche il caso del grattacielo Taipei 101 di Taiwan, responsabile di un terremoto 3.8 nel 2004.

Vuoi aggiungere qualche commento, a conclusione di questa riflessione?

Solo un breve commento per inquadrare correttamente quanto detto finora. Abbiamo visto che le attività umane possono causare o favorire terremoti, anche grossi se sono in grado di attivare faglie importanti. Tutto il discorso è stato focalizzato al fatto che è possibile che ciò accada. Vorrei tuttavia sottolineare che non è detto che ogni attività debba generare terremoti pericolosi o dannosi, anzi, sono numerosissime le attività svolte nel sottosuolo che non hanno portato a problemi e questo dipende molto da come queste sono gestite. È una valutazione di rischio e di azioni atte a ridurlo. Per fare un paragone è come se ci concentrassimo sugli incidenti stradali causati dagli autoveicoli. Gli incidenti ci sono e sono numerosi, ma non per questo è stato proibito l’uso dei veicoli. Invece sono state realizzate azioni atte a prevenire gli incidenti e a causare feriti o morti. Queste vanno dalla maggiore sicurezza dei veicoli stessi, a norme di guida più stringenti, alla formazione alla guida dei conducenti, all’educazione stradale dei cittadini, fino al miglioramento delle strade e alla realizzazione di segnalazioni adeguate. Ecco, il mio commento è solo per dire che abbiamo visto il problema della sismicità indotta da una certa angolatura e nella seconda parte avremo sicuramente la possibilità di vederlo in modo più completo.

Come anticipato, la seconda parte di questa conversazione sarà dedicata alla situazione italiana.

Bibliografia
Ellsworth, W. L. (2013). Injection-induced earthquakes, Science, 341(6142), 1225942.
Foulger, G. R., Wilson, M. P. , Gluyasa, J. G. , Julian, B. R. , Davies, R. J. (2018). Global review of human-induced earthquakes. Earth-Sci. Rev., 178, 438-514, https://doi.org/10.1016/j.earscirev.2017.07.008
Garcia-Fernandez M. (2015). CASTOR: Contesto scientifico e socio-economico. Workshop su “Sismicità indotta e innescata”, Roma 12 giugno 2015, Ministero dello Sviluppo Economico; https://www.youtube.com/watch?v=-tUApwW_V3k
HiQuake Database: http://inducedearthquakes.org/wp-content/uploads/2022/06/The_Human_Induced_Earthquake_Database_v11.16.22.xlsx
HiQuake Bibliography: http://inducedearthquakes.org/bibliography/

 

.

One thought on “A proposito di terremoti “di origine antropica”: aspetti generali (conversazione con Enrico Priolo)

  1. Caro Enrico, grazie per questa eccellente e chiarissima panoramica e chiarimenti sul tema della sismicità antropica. Hai giustamente citato le preoccupazioni e l’ostilità che questo tipo di fenomeni creano sulla popolazione locale, ed io approfitto per aggiungere anche altre due problematiche ad essi associate: la strumentalizzazione politica (non solo dei partiti/governi, ma anche dei movimenti ambientalistici), così come la speculazione commerciale del settore dell’edilizia. Il caso di Groningen è emblematico; il danneggiamento degli edifici nella regione è del tutto analogo a quello osservato in altre regioni del paese (Friesland, North-Holland, South-Holland, Flevoland, Zeeland) in cui si è ugualmente costruito su ‘reclaimed land’, caratterizzata da terreni molto soffici e da ampie escursioni del livello freatico e del contenuto di umidità del sottosuolo. I terremoti a Groningen, cui l’intensità del moto al terreno è del tutto irrisoria, hanno potuto causare davvero poco o nessun danno, ma i gruppi/associazioni politiche e tutto il settore dell’ingegneria/costruzione civile non hanno perso l’opportunità per specularne e trarne ampio profitto.

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...