Le vicende processuali relative al terremoto dell’Aquilano del 2009 non sono ancora terminate. Esauriti i processi penali, e in particolare quello denominato “Grandi Rischi” che si è concluso – è bene ricordarlo – con la assoluzione di tutti gli imputati tranne uno “perché il fatto non sussiste”, restano ancora in essere alcuni processi civili. Di recente ha fatto scalpore una sentenza in cui il giudice ha individuato una parziale corresponsabilità negli inquilini – deceduti – per non avere abbandonato l’edificio secondo le presunte “consuetudini”. Nella stampa e nei social si è molto ironizzato su questa “corresponsabilità” invocando paragoni arditi e a volte infelici. La stampa stessa e alcune delle sue fonti locali non hanno esitato a ricordare il processo “Grandi Rischi”, ignorando o mistificandone le conclusioni ricordate più sopra.
Nell’intervento Alessandro Venieri analizza in dettaglio alcuni aspetti della sentenza, le cui motivazioni non sono ancora disponibili. Seguono commenti di Alessandro Amato e Rui Pinho.
Alessandro Venieri, geologo, ha lavorato per sei anni al Magistrato per il Po di Parma occupandosi di sistemazioni idrauliche e servizi di piena; poi un breve periodo alle Opere Marittime di Ancona e quindi per 15 anni alla Provincia di Teramo curando in materia di Protezione Civile il Programma Provinciale di Previsione e Prevenzione dei Rischi (che contiene gli studi prodotti dall’INGV a seguito della convenzione con la Provincia per gli aspetti legati al rischio simico). Dal 2015 ad aprile del 2022 ha lavorato presso la Regione Abruzzo occupandosi di concessioni di derivazioni d’acque e aree demaniali e a maggio del 2022 è stato trasferito presso l’Agenzia Regionale di Protezione Civile, sempre della Regione Abruzzo.
Nei giorni scorsi ha destato clamore a livello nazionale, con articoli di giornali e servizi televisivi, la sentenza definita da molti “choc” del Tribunale civile dell’Aquila riferita al crollo del palazzo di via Campo di Fossa all’Aquila, la tragica notte del 6 aprile 2009, dove morirono 24 persone.
Il passaggio che ha destato clamore e proteste, con manifestazioni all’Aquila, è il seguente:
“E’ infatti fondata l’eccezione di concorso di colpa delle vittime ai sensi dell’art. 1227 I comma c.c., costituendo obiettivamente una condotta incauta quella di trattenersi a dormire – così privandosi della possibilità di allontanarsi immediatamente dall’edificio al verificarsi della scossa – nonostante il notorio verificarsi di due scosse nella serata del 5 aprile e poco dopo la mezzanotte del 6 aprile, concorso che, tenuto conto dell’affidamento che i soggetti poi defunti potevano riporre nella capacità dell’edificio di resistere al sisma per essere lo stesso in cemento armato e rimasto in piedi nel corso dello sciame sismico da mesi in atto, può stimarsi nella misura del 30 per cento (dell’art. 1227 I comma c.c.), con conseguente proporzionale riduzione del credito risarcitorio degli odierni attori. Ne deriva che la responsabilità ascrivibile a ciascun Ministero è del 15 per cento ciascuno e per il residuo 40% in capo agli Eredi del costruttore Del Beato”.
Dalla pagina dell’Avvenire:
https://www.avvenire.it/attualita/pagine/terremoto-l-aquila-sentenza-tribunale
“La richiesta di risarcimento da parte dell’Avvocatura dello Stato verso i proprietari degli appartamenti del palazzo di via Campo di Fossa a l’Aquila dove, a causa del crollo imputabile al sisma – avvenuto nell’aprile 2009 – morirono 24 persone, è stata accolta dalla sentenza del giudice del tribunale civile dell’Aquila Monica Croci.
Dopo la tragedia gli eredi delle vittime avendo dalla loro parte perizie che attestavano irregolarità in fase di realizzazione dell’immobile e una “grave negligenza del Genio civile nello svolgimento del proprio compito di vigilanza sull’osservanza delle norme poste dalla legge vigente, in tutte le fasi in cui detta vigilanza era prevista”, hanno citato in giudizio (per milioni di euro di danni) Ministero dell’Interno e Ministero delle Infrastrutture e Trasporti per le responsabilità della Prefettura e del Genio Civile per i mancati controlli durante la costruzione, il Comune dell’Aquila per responsabilità analoghe e gli eredi del costruttore per le responsabilità in fase di costruzione. I ministeri hanno chiamato in causa il condominio imputandogli una responsabilità oggettiva, cioè senza colpa, ma derivante solo dal fatto di essere proprietario della costruzione.”
Pertanto, ai sensi del comma 1 dell’art. 1227 del Codice Civile
“Se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate”,
è anche colpa delle vittime, rimaste sotto le macerie del crollo, per non essere uscite di casa dopo due scosse di terremoto non molto forti, appartenenti ad una sequenza sismica che durava da mesi.
Se si rileggono le motivazioni delle sentenze (Appello e Cassazione) di condanna del prof. Bernardo De Bernardinis relative al cosiddetto processo “Grandi Rischi”, per la morte di 13 persone – fra quelle che avevano presentato ricorso – si trova che in effetti le “tradizionali precauzioni” adottate dalla popolazione, consistenti nell’uscire dalle proprie abitazioni ad ogni scossa percepita, rappresentino una condizione essenziale per potersi mettersi in salvo da un terremoto. A pag. 12 si legge infatti:
Pertanto, se non si esegue tale azione, da una parte potresti essere ritenuto corresponsabile della tua morte e dall’altra di omicidio colposo se induci, indirettamente attraverso la tua autorità, altre persone a non adottare tali “tradizionali precauzioni”.
Nel ricorso in Cassazione i legali del prof. Bernardo De Bernardinis, per tale aspetto, fecero presente l’inesistenza di una regola che consenta di individuare con sufficiente certezza la durata dell’allontanamento dalla propria abitazione, in occasione di scosse sismiche, al fine di scongiurare un rientro prematuro. A pag. 14 si legge:
Il ricorso, come noto, è stato rigettato e la condanna a due anni è stata confermata.
Quindi per i magistrati che hanno emesso tali sentenze le “tradizionali precauzioni”, che consistono nell’uscire di casa ad ogni scossa di terremoto, costituiscono una procedura di sicurezza fondamentale da rispettare; sia di giorno che di notte, che faccia freddo o meno (quella notte all’Aquila faceva freddo), che si abbia o meno un posto dove rimanere al sicuro, sia se si è giovani o anziani, sia se si è stanchi o riposati e soprattutto a prescindere dalla durata di permanenza fuori dall’edificio.
Ricordiamo che la notte tra il 5 e il 6 aprile le scosse prese a riferimento per determinare il comportamento da seguire, cioè uscire fuori dalla propria abitazione, sono avvenute alle ore 22.48 (magnitudo 3.9) e alle ore 00.39 (magnitudo 3.5). In sostanza, quando il sonno gioca un ruolo determinante e può avere il sopravvento, quando fuori fa freddo e dormire in auto o all’addiaccio impone una buona forza di volontà che può essere dettata o da una estrema paura del terremoto scollegata da un aumento del rischio o da una effettiva condizione di reale aumento del rischio (cosa che sappiano non essere avvenuta), dopo una lunga sequenza dove non sempre è stato accertato se ad ogni scossa e in ogni condizione (notte o giorno) le vittime uscissero dalle proprie abitazioni o da qualsiasi altro edificio in cui si fossero trovati che sia il luogo di lavoro, di studio o di svago.
Come noto, peraltro, le due scosse di terremoto in questione non mutarono certo il rischio sismico per la città dell’Aquila, che all’epoca del terremoto era sempre alto, così come lo è tuttora.
Non entrando nello specifico delle sentenze, che sono molto articolate e vanno sicuramente rispettate, tutto ciò, a mio parere, ha una unica ragione logica e cioè ammettere che quelle due scosse, a cui fanno riferimento le sentenze (e solo a queste due scosse), possano essere considerate premonitrici di un evento catastrofico, come poi è avvenuto, e che le “tradizionali precauzioni” adottate dai cittadini aquilani includessero tale conoscenza.
Ma questo non è stato confermato dagli studi scientifici eseguiti a posteriori, perché solo a posteriori può essere valutata la probabilità di accadimento del mainschock, che tra l’altro hanno dato delle probabilità molto basse di accadimento.
Infatti, come si può leggere anche sulla pagina internet istituzionale dell’INGV:
“allo stato attuale non esistono leggi note capaci di fornire indicazioni sull’evoluzione delle sequenze sismiche. Ogni sequenza ha delle caratteristiche proprie che possono essere studiate solo dopo che la sequenza sia senza ombra di dubbio terminata. In particolare, non c’è nessuna legge o indicazione che possa dirci se il culmine massimo della sequenza sia stato raggiunto oppure no”.
https://ingvterremoti.com/2014/11/09/linizio-e-la-fine-della-sequenza-sismica-dellaquila/
Altrimenti, mi viene da aggiungere, i terremoti sarebbero prevedibili…
Commento di Alessando Amato
Grazie Alessandro, e grazie Max. Peraltro aggiungerei che quello dell’uscita di casa in caso di sciame (?), scossetta/e (quante? quanto forte?), scossa, ecc., è un comportamento sbagliato, altro che “precauzione tradizionale”. Se uno vive in zona sismica e sa che la casa resiste non deve uscire! Se invece sa o teme che la sua casa non sia a norma e possa danneggiarsi o crollare, una volta uscito per la paura (lecita) non deve rientrare fintanto che non abbia adeguato la casa. Un M6 può arrivare sempre, con o senza scosse o sciami prima, come dimostra il terremoto di Amatrice del 24 agosto 2016.
Inoltre, mi verrebbe da chiedere alla giudice: in caso di terremoto distruttivo, quante ore o giorni bisognerebbe andare a ritroso per ritenerlo co-responsabile? Se il terremoto del 6 aprile fosse avvenuto il 7 o l’8 potremmo ancora ritenere irresponsabili coloro i quali fossero usciti la notte e poi rientrati la mattina dopo?
Commento di Rui Pinho
“Prima di venirci ad abitare presi alcune informazioni sulla tipologia della struttura, sull’anno di costruzione, sul progettista, parlai con il titolare dell’impresa che eseguì i lavori e diedi anche una occhiata alla relazione geologica geotecnica allegata al progetto” – esempio perfetto di quello che dovremo fare tutti noi, grazie!
Questo è il tipo di buona pratica (a mio avviso del tutto equivalente ad allacciare la cintura di sicurezza ogni volta che si sale in auto) che dovrebbe essere ripetutamente ricordata e ribadita dai media, al posto delle dannose chiacchiere su previsioni, mappe, preavvisi e tradizionali precauzioni.
Grazie Alessandro, e grazie Max. Peraltro aggiungerei che quello dell’uscita di casa in caso di sciame (?), scossetta/e (quante? quanto forte?), scossa, ecc., è un comportamento sbagliato, altro che “precauzione tradizionale”. Se uno vive in zona sismica e sa che la casa resiste non deve uscire! Se invece sa o teme che la sua casa non sia a norma e possa danneggiarsi o crollare, una volta uscito per la paura (lecita) non deve rientrare fintanto che non abbia adeguato la casa. Un M6 può arrivare sempre, con o senza scosse o sciami prima, come dimostra il terremoto di Amatrice del 24 agosto 2016.
Inoltre, mi verrebbe da chiedere alla giudice: in caso di terremoto distruttivo, quante ore o giorni bisognerebbe andare a ritroso per ritenerlo co-responsabile? Se il terremoto del 6 aprile fosse avvenuto il 7 o l’8 potremmo ancora ritenere irresponsabili coloro i quali fossero usciti la notte e poi rientrati la mattina dopo?
Ciao Alessandro grazie per il tuo commento, ehh bella domanda la tua che anche a me piacerebbe rivolgergli.
Per quanto riguarda invece uscire di casa e i rischi che si corrono credo che i magistrati intendessero dire, logicamente, dopo l’evento sismico non durante, per recarsi in un luogo sicuro tipo area di attesa, ma rimangono in piedi tutti gli altri dubbi che hai citato e che mi vennero in mente già durante il processo di primo grado non essendoci una procedura codificata e sicura sul comportamento da adottare da parte dei cittadini dopo un evento sismico avvertito. Se il concetto è questo, cioè che tutti debbano uscire subito dopo una scossa avvertita, che sia appunto di magnitudo 3.5 o 3.9 o più bassa, senza che sia stata disposta una evacuazione per accertamenti, allora si potrebbero verificare una serie di altri problemi a catena facilmente immaginabili con il blocco o il rallentamento di alcune attività essenziali. Nelle sentenze di condanna al prof. Bernardo De Bernardinis si deduce semplicemente, che le vittime non sarebbero rientrate prima delle 3 e 32, decidendo di andare a dormire altrove, in base ai comportamenti che avevano assunto prima (in occasione di alcune scosse) della rassicurazione avvenuta con la sua intervista.
Non so io a Teramo, ad esempio, durante la sequenza sismica aquilana non sono mai uscito dal mio appartamento, mi sentivo e mi sento ancora sicuro al suo interno, in quanto prima di venirci ad abitare (2001) presi alcune informazioni sulla tipologia della struttura, sull’anno di costruzione, sul progettista, parlai con il titolare dell’impresa che eseguì i lavori e diedi anche una occhiata alla relazione geologica geotecnica allegata al progetto. Dopo la scossa di 6.3 verificai se l’edificio (in cemento armato costruito nel 1999) avesse riportato lesioni anche alle sole tamponature, ma non vidi nulla dai garage fino al 5 piano mansardato e chiesi anche ai miei coinquilini per i loro interni. Per questo dopo il 6 aprile continuai a dormire (da solo) nel condominio, sapendo anche quale fosse la pericolosità sismica di base della zona teramana.
“Prima di venirci ad abitare presi alcune informazioni sulla tipologia della struttura, sull’anno di costruzione, sul progettista, parlai con il titolare dell’impresa che eseguì i lavori e diedi anche una occhiata alla relazione geologica geotecnica allegata al progetto” – esempio perfetto di quello che dovremo fare tutti noi, grazie!
Questo è il tipo di buona pratica (a mio avviso del tutto equivalente ad allacciare la cintura di sicurezza ogni volta che si sale in auto) che dovrebbe essere ripetutamente ricordata e ribadita dai media, al posto delle dannose chiacchiere su previsioni, mappe, preavvisi e tradizionali precauzioni.