Paolo Scandone: uno dei “Grandi” del Progetto Finalizzato Geodinamica e del Gruppo Nazionale per la Difesa dai Terremoti (colloquio fra Massimiliano Stucchi e Dario Slejko)

Quattro anni fa ci ha lasciati Paolo Scandone, una figura centrale nello sviluppo della geologia e delle ricerche nel settore della difesa dai terremoti in Italia a partire dagli anni ’70 del secolo scorso. Lo ricordano qui Massimiliano Stucchi e Dario Slejko i quali con Paolo – tra le altre cose – misero le basi per una delle prime valutazioni di stampo moderno della pericolosità sismica del territorio italiano.
Lo ricordano con il rammarico che riconoscimenti e belle parole andrebbero offerti alla persona cui sono destinati quando la persona stessa è ancora in vita e li può apprezzare.

MS. Ho conosciuto Paolo Scandone all’avvio del Progetto Finalizzato Geodinamica (PFG) del CNR, nel 1976. Era responsabile del Sottoprogetto “Modello Strutturale”, al quale contribuivano moltissimi geologi di numerose università e istituti di ricerca. Era una persona dotata di notevole carisma e al tempo stesso di grande umanità, con il quale veniva istintivo cercare il dialogo e il confronto su temi scientifici, politici e più in generale della vita.
Venne delegato dal PFG a rappresentare il progetto in un convegno sindacale da me organizzato nel 1977, nel quale si chiedeva una parziale riorganizzazione del progetto e stesso e una sua più concreta finalizzazione alla “difesa dai terremoti”. Paolo ascoltò, intervenne e alla fine il PFG accolse buona parte delle proposte.
Da allora facemmo parte entrambi della cosiddetta “Giunta Allargata” che gestì il “Progetto Geodinamica”, una stagione unica di grande fervore e collaborazione scientifica multidisciplinare fra geologi, sismologi e ingegneri, che richiese tra l’altro di affrontare in 6 anni alcuni terremoti distruttivi (Friuli, 1976; Norcia, 1979; Irpinia e Basilicata, 1980). Indimenticabili le cene di lavoro a Roma e le riunioni affumicate fino a tarda serata nella saletta dell’Hotel Milani. In particolare collaborammo alla redazione della “Carta della Pericolosità Sismica” e della “Proposta di Riclassificazione Sismica”, destinata ad ampliare sensibilmente il numero dei comuni inclusi nelle zone sismiche.

pericolosità

DS. All’epoca del Geodinamica iniziavo a partecipare ai progetti nazionali ed ebbi scarse occasioni di incontrare quel geologo tipico, vestito da geologo, estroverso da buon geologo, molto apprezzato scientificamente ed entusiasta come un uomo di scienza dovrebbe essere che rispondeva al nome di Paolo Scandone.

MS. Il Sottoprogetto coordinato da Paolo rilasciò il “Modello Strutturale” (https://www.socgeol.it/438/structural-model-of-italy-scale-1-500-000.html) 

Modello strutturale

IL PFG terminò nel 1981 e la sua eredità venne raccolta dal Gruppo Nazionale per la Difesa dai Terremoti (GNDT, diverse versioni) e dal Gruppo Nazionale di Vulcanologia. Venne anche riorganizzato, sotto la presidenza di Enzo Boschi, l’Istituto Nazionale di Geofisica che intraprese il suo entusiasmante sviluppo. In particolare si formò, per l’iniziativa di Renato Funiciello, un gruppetto di geologi che cercava in superficie le evidenze delle rotture sismiche corrispondenti alle faglie. Nel 1984, a più di tre anni dal terremoto del 1980, vennero presentate le tracce superficiali di quel terremoto, che Paolo non aveva cercato in quanto le considerava improbabili. Questo fatto determinò un avvio di ricerche “alternative” al filone principale di cui Paolo era l’indiscusso leader.

Nel gennaio del 1985 Paolo fece parte del ristretto gruppo di esperti che suggerirono la possibilità a breve di un forte terremoto in Garfagnana, successivamente allertata e evacuata dall’allora Ministro per la Protezione Civile Zamberletti. E fu nel GNDT, negli anni successivi, che Paolo Scandone costruì, sulla base del suo Modello Strutturale, il Modello Sismotettonico (Meletti C., Patacca E., Scandone P. (2000), che cercava di inserire la attività sismica italiana in un quadro unitario. Successivamente da questo modello venne derivato il modello delle zone sismogenetiche, che venne migliorato in varie versioni (nella figura è presentato ZS4, Scandone e Stucchi, 1999) e divenne strumento delle successive elaborazioni in materia di valutazione della pericolosità sismica.

ZS

Questa fase vide un notevole numero di riunioni che si svolgevano prevalentemente a Pisa, al Dipartimento di Scienze della Terra, nella cosiddetta “soffitta”, vero e proprio “laboratorio di geologia e sismologia” dove – in condizioni climatiche a volte difficili e in presenza di una permanente nuvola di fumo – lavoravano alcuni giovani geologi. Dario (GdL pericolosità sismica) e io (GdL catalogo dei terremoti) partecipammo a numerose di queste riunioni, a volte noi due soli, a volte con altri colleghi, secondo uno schema operativo che, ricordato oggi, fa venire i brividi. Andavo a Linate alle 8.00 a prendere Dario che arrivava in volo da Trieste; in tre ore di autostrada (la Cisa !) eravamo a Pisa, parcheggio a “La Torre”, inizio alle 11.30, lavoro, poi alle 17.00 ripartenza per Milano, alle 20.00 cena vicino a Linate, volo per Trieste e fine della giornata.

DS. Ricordo gli anni del GNDT con grande nostalgia perché mi rendevo conto che stavo partecipando a qualcosa di grande dal punto di vista scientifico ed umano. Eravamo giovani allora, Max ed io, o almeno noi ci sentivamo così, e il viaggio al “santuario” di Pisa non ci pesava affatto, anzi era atteso con entusiasmo perché era in ballo la carta di pericolosità nazionale, prodotto all’avanguardia europea che raccoglieva “il sapere” italiano in materia. L’atmosfera nella soffitta di Geologia poteva definirsi “domestica” con Paolo padrone di casa attorniato dalle sue due famiglie. Quella istituzionale, nel senso che era motivato nell’essere presente in quanto gruppo universitario di Paolo con Carlo Meletti, che estraeva dal computer tutto ciò che serviva a documentare le idee di Paolo, e Simonetta Ruberti, che riportava Paolo di tanto in tanto alla dura realtà dell’amministrazione universitaria. E poi c’era la famiglia vera con Etta Patacca nel piano di sotto che appariva raramente solo per dare a Paolo qualche comunicazione domestica, Berenice che giocava tranquilla fra carte geologiche e campioni di rocce e, talvolta, un bel meticcio bianco chiamato “Canòne”, credo nel senso di grande cane, ma non abbiamo mai approfondito.

MS. Fu un periodo ricco di scambi, approfondimenti, umanità, che si consolidava nelle occasioni che prevedevano anche un pernottamento (a Pisa, Roma o Milano) e una serata mangereccia e dedicata ad argomenti vari. A me fa piacere ricordare l’impegno comune quasi quotidiano in certi periodi, le lunghe telefonate in assenza di posta elettronica e di cellulari e gli incontri di cui ho parlato. Paolo esprimeva curiosità a 365 gradi; durante i convegni, quali ad esempio quelli del PFG, GNDT e GNGT, non si muoveva dalla sala e ascoltava tutto. Aveva promosso la ricerca storica sul grande terremoto del 1456 e la prima raccolta sistematica delle mappe delle isosisme, come si usava allora, da cui scaturì poi la nozione e la valorizzazione degli MDP (macroseismic data points, valori puntuali di intensità macrosismica che nell’insieme andavano a formare i cosiddetti “piani quotati”). DOM 4.1 fu il primo database macrosismico italiano interrogabile online (seguito poi dalle varie versioni di DMBI) e Paolo fu il primo cui lo mostrai funzionante commentandolo per telefono.

DS. Da matematico quale sono, o più esattamente cercavo di essere, non trovavo allora entusiasmanti le discussioni geologiche sull’evoluzione in ere milioni d’anni lontane che mi sembravano poco attinenti con i terremoti attuali. Con Paolo mi si è aperto un nuovo orizzonte perché egli riusciva a spiegare “meccanicamente”, accartocciando fogli di carta spesso stracciati a indicare faglie, le forze in atto e i movimenti conseguenti. Potremmo dire che Max ed io seguivamo una lezione di geodinamica in stile “non è mai troppo tardi”. Paolo era convincente come una dimostrazione di un teorema di geometria e la mappa delle sorgenti sismogenetiche che ne è derivata rimane per me un paradigma basato su cinematica, poi sismotettonica e, infine, sismogenesi.
E poi ricordo i pranzi che facevamo con Paolo. Se ci trovavamo a Pisa, la riunione iniziava alle 11:30 e intorno alle 13 Paolo usciva con la solita frase: “Panino o primo veloce?” Poiché il primo veloce significava il primo, il contorno, spesso il dolce e il tutto innaffiato da un po’ di vino, non si è mai sentita la voce che optasse per il panino. A Roma, invece, si andava a pranzo alla Birreria Peroni, in una traversa di via Nizza, sede del PFG e poi del GNDT. Lì il piatto di Paolo era rigorosamente il bratwurstel (salsiccia bianca) con contorno misto di crauti e patate e birra chiara alla spina. Questa scelta in effetti veniva seguita anche da gran parte di noi. Non c’è stata volta, però, che dopo il pranzo Paolo fosse minimamente provato dal cibo ma anzi il pranzo gli dava la carica, se ce ne fosse bisogno, per continuare con entusiasmo le discussioni scientifiche.

MS. Dopo la pubblicazione dei principali prodotti sismologici del GNDT (modello delle zone sismogenetiche ZS1/4, catalogo dei terremoti NT4.1 & database macrosismico DOM4.1, mappa di pericolosità sismica PS4), il GNDT proseguì per qualche anno a rilasciare buoni elaborati ma cominciò ad andare in crisi, sia per motivi interni che per gli attacchi di Enzo Boschi. Venne quindi commissariato dal Comitato 05 del CNR da cui dipendeva; furono nominati commissari Carlo Bosi e poi Claudio Eva, fino alla afferenza all’INGV e alla definitiva riorganizzazione in termini di progetti INGV-DPC.

Con l’ingresso nel nuovo INGV dell’Istituto di Ricerca sul Rischio Sismico, allora da me diretto, nel 2001 le nostre strade si separarono. Due anni prima eravamo andati insieme ai funerali di Giampaolo Pialli, altro grande geologo, grande uomo e amico. Incontrai Paolo ancora una volta a un convegno a Spoleto, nel 2004, organizzato di fatto in antagonismo a INGV, al quale volli partecipare in segno dell’antica amicizia. In seguito anche lui andò in pensione e seppi che, in forza delle sue ampie conoscenze, aveva fatto parte della commissione “Ichese” (International Commission on Hydrocarbon Exploration and Seismicity in the Emilia Region), incaricata tra l’altro di far luce su possibili relazioni fra la attività di ricerca di idrocarburi e di sfruttamento dei depositi e la sequenza sismica del 2012.

DS. Entusiasta dall’esperienza vissuta per la carta di pericolosità nazionale, feci invitare Paolo a Zurigo perché esponesse le basi della costruzione del modello sismogenetico italiano agli esperti del progetto Pegasos per il calcolo dello scuotimento atteso ai siti delle centrali nucleari svizzere. Paolo fu, come sempre, magnifico e le sue linee guida vennero seguite da diversi gruppi coinvolti in Pegasos e io fui fiero di aver portato un contributo così importante.

MS. Anche se – come si dice – “ci eravamo persi di vista”, la sua figura e i suoi insegnamenti sono rimasti vivi dentro di me. Purtroppo la polarizzazione che si era verificata con la nascita dell’INGV fece sì che non venni invitato, al pari di altri, al convegno che si tenne nel 2019 presso l’Accademia dei Lincei per ricordarne l’opera.
Ricordo i suoi racconti, le visioni che sapeva evocare, i suoni dei nomi di città e paesi e luoghi dove andava a rilevare, con pochi colleghi o con gli studenti, o dove era andato per il piacere di conoscere. Ricordo fra gli altri i brevi accenni che Paolo fece a proposito di un suo viaggio sulle Ande nel nord dell’Argentina, in parte a piedi con un animale da soma; furono anche le sue poche parole che mi stimolarono, molto tempo dopo, a viaggiare da quelle parti. Infine ricordo una storia che raccontava a proposito della sua partecipazione a una campagna di ricerche geofisiche nel Pakistan settentrionale: con un paio di colleghi aveva scorto una ventina di esseri (ominidi o yeti?), che risalivano rapidamente un costone di fronte a loro. Rimasero a guardarli increduli, un collega scattò delle foto per accorgersi più tardi che nell’apparecchio mancava la pellicola; e Paolo non era il tipo da inventarsi storie così solo per farsi ammirare.

Voglio concludere ricordando due episodi. Una sera, dopo aver ben mangiato e bevuto, Paolo ricordò il nostro primo incontro e disse che gli ero rimasto impresso perché allora assomigliavo a un “putto” (avevo i capelli lunghi e ricci), ma un “putto incazzato”…..
Negli anni ’90 poi, quando preparavo le carte per il concorso a dirigente di ricerca, gli chiesi con un po’ di timore una lettera di “endorsement”; me la scrisse e leggerla per me fu una bella sorpresa, in particolare quando sostenne che ero come un buon vino che “migliora invecchiando”.

DS. Ci “siamo persi di vista” dopo l’esperienza svizzera perché Paolo poco frequentava i convegni e io quel poco che sono stato coinvolto a livello nazionale è stato con ruoli direttivi senza partecipare allo sviluppo di nuova cose. E così ho sentito Paolo solo saltuariamente al telefono maturando in me la consapevolezza di aver fatto un piccolo tratto di strada con una grande persona che mi ha lasciato tanto, scientificamente ed umanamente.

Paolo è stato ricordato di recente anche da Roberto Scandone
https://www.facebook.com/roberto.scandone.5/posts/283085526215964

 

10 thoughts on “Paolo Scandone: uno dei “Grandi” del Progetto Finalizzato Geodinamica e del Gruppo Nazionale per la Difesa dai Terremoti (colloquio fra Massimiliano Stucchi e Dario Slejko)

  1. Da ultima arrivata nel gruppo: del Progetto Finalizzato Geodinamica ho vissuto qualche strascico, ma l’ho “pesato” molto in termini di faldoni, carte e rendiconti che mi sono trovata a maneggiare nel tempo; il Gruppo Nazionale per la Difesa dai Terremoti l’ho vestito nei suoi ultimi anni, con i suoi pro e i suoi contro. Ho vissuto da fuori riunioni senza fine, urla e schiamazzi, convegni con tanti Don Chisciotte incavolati che combattevano, lancia in resta, in nome della ricerca, ognuno con la propria idea, pronti a battersi fino alla fine per quello in cui credevano. Erano confronti all’ultimo sangue, a suon di machete ma anche di fioretto, dove, alla fine, era la Ricerca che la faceva da padrona, perché, Lei, poi, si prendeva il suo posto sul trono e persino gli irriducibili si inginocchiavano, nel nome di qualcosa di più grande di loro.
    A distanza di anni, quello che vedo è che tutte queste persone, che arrivano da contesti diversi, che si sono battuti per i propri Enti, nonostante le loro battaglie, si trattano ancora con grande rispetto. E’ bellissimo leggervi, è come oltrepassare un portale ed entrare in un altro mondo. Si legge la passione di chi ha lavorato sudando ogni singola scelta, io non credo di aver mai più visto niente di simile. Vivo da anni in un altro contesto, con bravissimi ricercatori, ma è tutto diverso, un altro modo di lavorare e di essere. Nel restarvi accanto si percepiva energia, passione, carattere e forza interiore, etica, fare ricerca per voi è essere sé stessi fino alla fine, mettendoci tutto quello che siete, notti insonni, i sabati e le domeniche a lavorare in nome di una missione che non aveva ritorni, se non il sapere di fare la cosa giusta per la sicurezza degli altri, è qualcosa che non si vede spesso.

    Leggervi “da fuori” fa nascere un sentimento di invidia.
    Siate orgogliosi di voi. Eravate/siete un gruppo di persone Speciali.

    E si, aveva ragione il Grande Maestro siete come un buon vino che “migliora invecchiando”. Io lo posso proprio confermare.
    State bene, abbiate cura di voi.

  2. Io non ho conosciuto il Prof. Paolo Scandone però, prima da studente di Scienze Geologiche, nel 2° corso di laurea ad Urbino, e poi da funzionario Geologo della Regione Marche, ho avuto modo di conoscere la sua attività scientifica. In particolare quella svolta per il Progetto Finalizzato Geodinamica con la predisposizione e la pubblicazione del Modello Strutturale, strumento base per la elaborazione della nuova classificazione sismica del territorio nazionale; il vostro racconto rende conto della grande personalità scientifica e umana di Scandone e del fervore del mondo della ricerca italiana (Università e CNR), quasi da “carbonari”, volta a creare le condizioni per mitigare i rischi naturali. Questo vostro ricordo del Prof. Scandone, mi dà l’occasione per sottolineare l’importanza del Progetto Finalizzato Geodinamica che, sulla base dell’attività scientifica, aveva l’obiettivo appunto, di “finalizzare” la ricerca e gli studi facendo proposte concrete di riclassificazione sismica al Ministero dei LL.PP. e alle Regioni. Queste ultime sui temi del rischio sismico, così come di quello idrogeologico, all’epoca erano poco “attrezzate” sia dal punto di vista culturale che di figure professionali adeguate; il PFG, con i suoi responsabili in primo luogo il Prof. F. Barberi e Max Stucchi, ebbe il merito di stimolare e aprire un dibattito tecnico-amministrativo all’interno delle Regioni che portò, ad es. nella Regione Marche, all’aggiornamento della classificazione sismica (L.R. n. 33/84) e ad inserire nel Piano Paesistico Ambientale Regionale le analisi di tipo geologico-sismico da effettuare all’interno delle procedure di adeguamento dei piani regolatori generali e loro varianti. Certo si poteva fare di più e meglio ma credo che il risultato ottenuto era il massimo allora possibile. Con questo volevo sottolineare il “clima” costruttivo ed evolutivo, generato dal PFG e da ricercatori appassionati, è naturalmente un’analisi generica e incompleta però nasce dal punto di vista del fruitore o meglio del “Finalizzato”. Molto ci sarebbe da dire sulle modalità di applicazione delle normative da parte dei professionisti e di conseguenza sui controlli dei progetti. Sono andato fuori tema rispetto alla figura di Paolo Scandone però ……….

  3. Sono stato un suo allievo e ricordo ancora con piacere le sue lezioni.
    Mi riesce difficile immaginare il Prof. Paolo Scandone come un “Barone universitario” rinchiuso nel suo studio a farsi gli affari propri. Semmai il contrario; sempre super attivo, attento alle esigenze di tutti. Avrei mille aneddoti da raccontare per dimostrare le sue doti, anche umane, oltre che professionali.
    Non ho il tempo né questo sembra il luogo giusto.
    Ho partecipato alla giornata di commemorazione che c’è stata in suo onore, presso l’accademia dei Lincei a Roma due anni fa. C’erano tanti uomini di primo piano della Geologia italiana degli anni ’80 e ’90. Questo non vuol dire che fosse un Barone ma soltanto che, ad un Grande Uomo, non solo Geologo, come lui, andava garantito un tributo. Anche semplicemente formale.
    Purtroppo ho notato pochi geologi “importanti” che fanno la Geologia di oggi.
    È vero, tutto passa, ma il suo insegnamento non lo dimenticherò mai!
    Mi sento onorato di essere stato un suo allievo!

  4. Mi ha fatto molto piacere, nella nostalgia di Paolo, leggere questo ricordo che, insieme a quello di Roberto, mantiene viva in tutti noi la sua presenza nelle nostre attività di ricerca e non solo. Come ho avuto modo di sottolineare più volte per me Paolo è stato un maestro e un amico ineguagliabile. Abbiamo insieme lavorato per lunghi anni, all’inizio nel famoso gruppo Ippolito, in varie ricerche in giro x il mediterraneo, in particolare in Appennino, Arco Calabro e Sicilia, ed anche nel magnifico progetto Geodinamica, discutendo di tutto e di più, accompagnati da buoni vini e dagli immancabili Campari Soda !!
    Ciao Paolo…….quanto ci manchi……
    Peppino

  5. Un aneddoto a ricordo del Prof. Epoca di cui parla Raffaele in altro commento.
    1990: concorso per ricercatore per il GNDT-CNR. Un allora giovane sismologo alle prime armi affronta le domande della commissione. Ultima domanda, uno dei commissari mostra il primo dei 6 fogli del Modello Strutturale dell’Italia e chiede: cosa ne pensa di questa mappa? Risposta: “Ma guardi, direi che è un buon lavoro… “ E poi ero partito a fare tutta una serie di considerazioni sulla correlazione tra strutture e sismicità nelle Alpi Occidentali…. Per farla breve, per l’emozione non mi ero reso conto che a farmi la domanda era stato proprio Scandone (che sapevo essere il coordinatore del PFG per il modello), che (alla fine) sorridendo mi aveva detto: grazie dei complimenti, riferirò agli autori 🤣🤣🤣

  6. Ha lasciato un vuoto incolmabile. Grazie alla sua illimitata curiosità ed apertura mentale, aveva la capacità di saltare da un affioramento di scisti silicei, ad un profilo sismico ad un distribuzione di aftershocks con una facilità impressionante. Le sue discussioni erano inebrianti. Mi dispiace solo di aver frequentato la soffitta pisana ai tempi del Dottorato a Napoli e di non averlo conosciuto prima come docente. Poi, nel 2003, passai all’INGV, ma abbiamo continuato a collaborare fottendocene di barriere insensate.

  7. Mi ricorda un periodo che ho vissuto “dietro le quinte” negli anni ’90… nel senso che tra giovani ricercatori del GNDT si parlava di questi incontri “leggendari” tra i big, e soprattutto si temevano le conseguenze!
    C’era sempre qualcosa da aggiustare o, peggio, rifare, a valle di queste riunioni di lavoro…

    Ricordo anche la naturale curiosita’ di Scandone, nelle occasioni in cui si parlava aveva sempre domande attente e mai di circostanza.

    Anche se non c’ero ancora ai tempi del PFG, ho vissuto pienamente la fase CNR del GNDT e GNV, e posso dire che e’ stato uno straordinario momento di crescita grazie a personaggi di grande spessore scientifico e umano!
    Bei tempi… temo che i (pochi) giovani di adesso non possano dire altrettanto.

  8. Ho avuto il piacere e l’onore di conoscerlo e lavorare con lui per il VEL Toscana.
    Per me e per molti altri non e’ stato solo un Grande Geologo, con un profilo scientifico altissimo e non certamente comune, ma una persona di rara umanità; rendeva semplici concetti complessi; che sapeva ascoltare; autorevole, molto, ma per la mia esperienza, mai autoritario.
    Lo ricorderò sempre con grande stima e simpatia.

  9. Molti di noi possono raccontare aneddoti formidabili sugli incontri con Paolo a Pisa, in soffitta o al ristorante per un primo. Io ho avuto la fortuna di lavorarci tante volte quando ero un giovane ISMES e posso dirti, Max, che la zonazione della Sicilia (non chiedermi perché) la fece disegnare a me su pezzi di carta rimediati, in un caldo soffocante, nella nebbia delle sigarette su un tavolone della soffitta. E quella rimase, con mio sommo stupore. Paolo, insieme a Giorgio Magri, è stato l’unico Geologo della mia vita che mi abbia insegnato non la Geologia (certo mi sabbe piaciuto), ma come fare Geologia.

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