La mappa di pericolosità sismica (parte seconda); usi, abusi, fraintendimenti (di Massimiliano Stucchi)

Nella prima parte abbiamo analizzato la mappa MPS04 dal punto di vista scientifico: che cosa descrive, che cosa non descrive, come è stata compilata, ecc.
Le reazioni di chi ha commentato su Twitter sono interessanti: la maggior parte ha confermato però l’aspetto “iconico” che la mappa riveste oggi. Ci torneremo.
In questa seconda parte parliamo delle sue applicazioni: la materia non è semplice e neppure troppo semplificabile; ci ho provato e mi scuso se non ci sono riuscito del tutto.

6) A chi spetta il compito di aggiornare l’elenco dei comuni inseriti in zona sismica?
Fino al 1999 spettava allo Stato il potere/compito di dichiarare “sismico” un dato Comune, associandolo a una zona sismica, o categoria: prima, seconda, e terza solo dal 1981. La zona sismica determinava il livello di severità delle azioni sismiche da considerare in sede di progetto: tre livelli in tutto, quindi. Segnaliamo comunque una caratteristica tutta italiana, e cioè il fatto che alcuni Comuni, dopo essere stati inseriti in zona sismica a seguito di alcuni terremoti, hanno chiesto e ottenuto di esserne esclusi dopo pochi anni “in quanto non erano più venuti terremoti”.

decla
Dal 1999 in poi la prerogativa di fissare il “dove” spetta a ciascuna Regione, mentre lo Stato ha mantenuto il compito di fissare le norme per le costruzioni (il “come”). Questa suddivisione, nata nell’ambito della cosiddetta “devolution”, non ha mai rappresentato una soluzione logica e felice.

7) Quanti sono i Comuni dichiarati sismici?
Dopo la riclassificazione sismica del territorio nazionale seguita al terremoto del 1980 di Irpina e Basilicata, soltanto 2/5 dei Comuni italiani erano inseriti in zona sismica.

1984
Nel 1998, per iniziativa dell’allora Sottosegretario alla Protezione Civile Franco Barberi, venne predisposta da un apposito gruppo di lavoro una proposta di nuova classificazione sismica del territorio nazionale. La proposta restò purtroppo nei cassetti del Ministero dei LL.PP; occorre precisare che ogni allargamento delle zone sismiche è sempre stato osteggiato da autorità centrali e periferiche, nonché da alcuni settori dei costruttori, in quanto comporta un aggravamento (seppur lieve) dei costi di costruzione e l’istituzione dei controlli.
Nel 2002, sulla spinta emotiva della tragedia di San Giuliano di Puglia, su iniziativa del Sottosegretario di Stato alla PCM Gianni Letta e del Presidente dell’INGV Enzo Boschi, un gruppo di lavoro, coordinato da Gian Michele Calvi, fu incaricato di mettere mano alla materia. In poco più di tre mesi fu predisposto un nuovo corpus di norme per le costruzioni in zona sismica: come mappa di riferimento fu adottata provvisoriamente la mappa del 1998, con una aggiunta fondamentale: le zone “bianche” di quella mappa furono associate a una nuova, quarta zona sismica.

2003

In questo modo, per la prima volta, tutto il territorio nazionale fu associato a una delle quattro zone sismiche. Si osservi che ben 3/5 dei Comuni, e fra questi – ad esempio – quelli che verranno colpiti dal terremoto emiliano del 2012, oppure Arquata del Tronto nel 2016, non avevano mai conosciuto nessuna nozione di costruzione antisismica, accumulando in tal modo un notevole deficit di sicurezza sismica.
Le prescrizioni normative sono contenute nell’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri (OPCM) 3274/2003, varata con la supervisione del Dipartimento della Protezione Civile (DPC). Nei mesi successivi le Regioni, in forza del potere conferito loro dalla “devolution”, aggiornarono i propri elenchi dei comuni sismici, adottando in larga misura la mappa del 2003, sia pure con qualche “distinguo” importante. In alcune situazioni, deroghe di vario tipo fecero sì che la normativa del 2003 non venisse applicata fino al 2008, quando entrò in vigore una nuova normativa (vedi punto 13).

8) Perché è stata compilata MPS04?
L’OPCM 3274/2003 fissava in modo chiaro i requisiti che uno studio di pericolosità sismica doveva soddisfare per l’aggiornamento degli elenchi dei comuni inseriti in zona sismica. In particolare, fissava il parametro da utilizzare per lo studio, direttamente relazionabile con le modalità di progettazione degli edifici in zona sismica: la accelerazione massima attesa in 475 anni, su di un suolo molto compatto e pianeggiante. Richiedeva inoltre che uno studio a scala nazionale venisse compilato entro una anno.
MPS04 è stata compilata nel 2003-2004 per soddisfare questa  richiesta. Le modalità di verifica scientifica che hanno accompagnato la sua compilazione sono state richiamate nella prima parte del post.
Nel 2006, dopo una lunga trattativa con le Regioni, alcune delle quali avevano predisposto elaborati alternativi, in modo del tutto legittimo ma non nei termini richiesti dalla Ordinanza PCM 3274/2003, MPS04 venne adottata come riferimento ufficiale dello Stato mediante l’Ordinanza PCM 3519/2006, promossa dal Dipartimento della Protezione Civile e curata in modo particolare da Vincenzo Spaziante (G.U. n.108 del 11/05/2006; la mappa vi è riprodotta in bianco e nero in quanto la G.U. non usa colori).

3519

9) MPS04 è stata utilizzata per lo scopo per il quale è stata compilata?
Le Regioni hanno aggiornato i loro elenchi dei comuni inseriti in zona sismica in presenza del nuovo riferimento MPS04 dal 2006 al 2016. L’ultimo decreto in ordine di tempo è quello della Regione Lombardia, varato nel 2014 ma la cui esecutività è stata sospesa e rinviata al 2016 (!)
L’adozione di MPS04 come riferimento da parte delle Regioni non è obbligatoria: è obbligatoria l’adozione di una mappa compilata secondo i criteri fissati dalle due Ordinanze PCM. Molte Regioni hanno istituito Commissioni o Gruppi di Lavoro ad hoc, a volte costosi, che hanno prodotto elaborati che di fatto non si discostano più di tanto da quanto suggerisce MPS04.
Le Leggi Regionali con i relativi elenchi dei Comuni afferenti alle zone sismiche – spesso poco conosciute – rappresentano nei fatti la dichiarazione “ufficiale” dei livelli di pericolosità sismica dei relativi territori. L’insieme delle predette leggi forma oggi la “classificazione sismica” del territorio nazionale che – come detto – fino al 1999 era di competenza dello Stato. Poiché alcune Regioni hanno “personalizzato” l’afferenza alle quattro zone sismiche, è difficile rappresentare in una sola mappa la situazione attuale.

 10) Perché L’Aquila è in zona sismica 2 (invece della 1)?
Questo quesito ha attraversato molte polemiche, alimentate soprattutto dai “complottisti” che sostenevano che INGV non avesse inserito L’Aquila in zona 1 “perché i ricercatori avevano sottostimato il pericolo, o peggio”. Ricordando che, come detto più sopra, il compito di aggiornare le zone sismiche spetta alle Regioni e non a INGV, la storia di questa vicenda, alla data dell’aprile 2009, si trova  descritta in “Pericolosità sismica, normativa e zone sismiche nell’Aquilano”(Meletti e Stucchi, 2009)

Fai clic per accedere a Pericolo_aq_090416.pdf

Secondo i valori di accelerazioni proposti da MPS04 il Comune di L’Aquila e alcuni altri limitrofi potrebbero essere inseriti in zona 1. A tutt’oggi la Regione ha lasciato L’Aquila in zona sismica 2. Va tuttavia osservato che, ai fini della progettazione sismica e dei relativi controlli, il passaggio da zona 2 a zona 1 non è decisivo: non si ha notizia di edifici progettati correttamente secondo la normativa sismica di zona 2 che siano crollati (i crolli sono avvenuti per difetti esecutivi).

11) Il territorio emiliano colpito dal terremoto del 2012 era inserito in zona sismica?
Fino al 2003 in larga parte no. Venne inserito prevalentemente in zona 3 nel 2003; tuttavia una serie di deroghe consentì di costruire senza vincolo sismico fino alla entrata in vigore delle nuove norme sismiche comprese nelle Norme Tecniche per le Costruzioni (DM 14/01/2008 del Ministero della Infrastrutture), che entrarono in vigore solo nel giugno 2009 (more solito, solo dopo un terremoto).
Secondo MPS04 una parte della zona colpita potrebbe essere inserita in zona 2.

12) Serve ancora MPS04 oggi? E’ aggiornata?
A livello ufficiale MPS04 ha esaurito il proprio compito, avendo le Regioni aggiornato gli elenchi dei Comuni afferenti alle diverse zone sismiche.
Anche se l’Ordinanza 3519/2006 non prescrive che la valutazione della pericolosità sismica venga aggiornata periodicamente, INGV sta comunque aggiornando il modello di pericolosità utilizzando le nuove conoscenze in termini di dati e di procedure.
MPS04 rappresenta comunque un utile descrittore della pericolosità sismica del territorio, se viene presentato e usato in modo opportuno. Potrebbe avere sicuramente una funzione informativa importante se – ad esempio – venisse spiegata bene e appesa nelle classi scolastiche e in altri luoghi pubblici; e se venisse possibilmente accompagnata dalla Mappa Regionale dei comuni sismici che, come già ricordato, rappresenta il principale strumento di ufficializzazione della pericolosità sismica dei territori.

13) A che cosa servono oggi le zone sismiche?
A partire dal 2009, le quattro zone sismiche non hanno più il compito di fissare le azioni sismiche per le nuove costruzioni, che vengono determinate invece direttamente dalla nuova normativa sismica (Norme Tecniche per le Costruzioni, DM 14/01/2008 del Ministero della Infrastrutture). Che cosa è successo?
Fra il 2005 e il 2006 il gruppo di ricerca che aveva compilato MPS04 produsse, a partire dai medesimi dati di base, quello che in termini tecnici si chiama “modello di pericolosità sismica” (MPS04-S1). Cioè, dai valori di pericolosità determinati in circa 11.000 punti che costituiscono MPS04, si passò a un database (MPS04-S1) di 2200 valori di pericolosità per ciascuno degli stessi 11.0000 punti, che corrispondono ad altri descrittori di pericolosità quali ad esempio lo scuotimento atteso in altri intervalli di tempo, ecc.
In sostanza, 2200 mappe di pericolosità sismica!

La disponibilità di questo elevato numero di dati determinò, nell’ambito della normativa sismica, un cambiamento radicale. Mentre in precedenza si doveva costruire con riferimento a a quattro livelli di azioni sismiche, uno per zona, la nuova normativa prevede che si possa costruire in riferimento a una azione simica calcolata per ogni sito: si è passati quindi da un sistema abbastanza grossolano a un sistema molto puntuale. Addirittura, si può costruire con periodi di riferimento diversi e utilizzando altri parametri di progetto, quali ad esempio la domanda di spostamento relativo anziché quella di accelerazione assoluta.
Inoltre, non va dimenticato che le azioni sismiche di progetto devono tenere conto anche delle condizioni di sito: un edificio situato in zona 3, ad esempio, può essere progettato secondo azioni sismiche corrispondenti o superiori a quella della zona 2, se si trova in condizioni di sito particolari.
In conclusione, le zone sismiche oggi determinano essenzialmente la severità dei controlli su progetti ed esecuzione degli edifici, e non altro.

Dettagli e approfondimenti su quanto esposto fin qui possono essere rintracciati in “La classificazione sismica, oggi” (Meletti et al., 2014).

14) Perché 475 anni?
L’intervallo di
475 anni rappresenta un valore di riferimento per l’ingegneria sismica a livello mondiale, che corrisponde a una probabilità di superamento del 10% in 50 anni. In altre parole, utilizzando i valori in questione si ammette che i valori di accelerazione proposti dalla mappa non siano i massimi possibili ma che possano venire superati localmente in 50 anni. Questa possibile eccedenza viene normalmente compensata in fase di progettazione dai coefficienti di sicurezza adottati in sede di progettazione.
Va chiarito che l’approccio adottato non afferma che il terremoto forte avverrà a scadenze regolari di 475 anni.

15) Perché non il massimo terremoto possibile?
Ovviamente è possibile calcolare l’accelerazione attesa in intervalli di tempo sempre più lunghi (il modello italiano, descritto più avanti, propone periodi di riferimento da 30 a 2500 anni). Così facendo ci si avvicinerà al “massimo scuotimento possibile”, calcolabile appunto come estremo superiore di MPS04 o di mappe analoghe.
Tuttavia gli ingegneri non ritengono decisivo, per gli edifici convenzionali, adottare periodi di riferimento molto più lunghi, cosa che avviene, ad esempio, per edifici strategici sottoposti a normativa speciale.
Mentre occorre precisare che questo tipo di normativa ammette che gli edifici di nuova costruzione possano danneggiarsi, senza crollare, va sottolineato che la normativa stessa propone – per definizione – un livello minimo obbligatorio di azione sismica di riferimento. Niente impedisce a nessun costruttore e/o proprietario di adottare livelli più elevati di severità delle azioni sismiche.

Conclusione
La mappa di pericolosità non prevede la data e gli epicentri dei futuri terremoti, ma descrive le zone dove ci si aspettano gli scuotimenti forti e meno forti del suolo: da subito, senza aspettare ipotetici fenomeni premonitori, sciami sismici o altri eventi simili.
La riduzione del rischio sismico, tuttavia, deve fare i conti anche con la vulnerabilità degli edifici, e richiede:

a) di edificare i nuovi edifici secondo la normativa sismica;
b) di rendere più sicuri, o meno vulnerabili, gli edifici esistenti.

Il punto a) è obbligatorio; sono previsti controlli di varia severità, e ovviamente sanzioni in caso di frodi o errori.
Per quanto riguarda il punto b:

  • per gli edifici pubblici, dal 2003 esiste l’obbligo di verifica sismica e, in seguito, il problema di trovare le risorse per adeguare gli edifici stessi. La scadenza iniziale era di 5 anni, successivamente estesa a 10 e poi estesa ulteriormente; non sono disponibili in forma sintetica i risultati di queste verifiche, e nemmeno quale percentuale di edifici sia stato verificato;
  • per quanto riguarda gli edifici privati, oggi l’iniziativa della verifica e eventuale adeguamento sismico è lasciato ai proprietari, e prevede incentivi di natura fiscale.

Si deve osservare che, a livello generale, la conoscenza della vulnerabilità sismica degli edifici è decisamente modesta.

La risposta è quindi che MPS04 da sola non basta: concorre però a informare il cittadino e gli amministratori del pericolo cui sono esposti. “Uomo avvisato mezzo salvato”; resta l’altro mezzo. Non basta quindi appenderla nelle scuole se poi non si ragiona sul fatto che occorre prepararsi al terremoto. E non va nemmeno brandita come una clava, ad esempio contro il progetto del Ponte sullo Stretto (che chi scrive non condivide per altri motivi): se è vero che la zona dello Stretto è fra le più pericolose d’Italia, è altrettanto vero che ponti sospesi di varia lunghezza sono stati costruiti dove gli scuotimenti attesi sono due o tre volte più elevati (Giappone, US, Portogallo, Grecia, Turchia etc.).

In conclusione sorprende, in negativo, la dichiarazione di Vasco Errani, commissario alla ricostruzione delle zone colpite dal terremoto del 2016, che secondo quanto riportato dai media avrebbe detto (il condizionale è d’obbligo):

 “ricostruiremo in modo che gli edifici resistano a terremoti di magnitudo 6.0”.

E perché – ci si può chiedere – solo 6.0 e non 6.5, o 7.0?
Il fatto è che questa affermazione, inesatta e priva di significato fisico – come sostenuto da Enzo Boschi – sembra dettata da fattori emotivi e da un immaginario poco razionale ma molto diffuso nel nostro paese.
Dovrebbe essere chiaro che si costruisce in modo da resistere a determinate azioni sismiche calcolate in ciascun sito, e non a una data magnitudo, che misura l’energia rilasciata dal terremoto dalle parti della sorgente.
Ci saremmo aspettati che il massimo esponente della ricostruzione dicesse, finalmente:

 “ricostruiremo secondo le norme sismiche vigenti, che sono ottime”.

Il fatto che questo non avvenga segnala quanto sia lunga la strada verso una consapevole riduzione del rischio sismico: e la necessità che la ricostruzione, e l’eventuale “Casa Italia”, siano guidate dalle competenze necessarie.

Riferimenti
Meletti C.,  Stucchi M.,  Calvi G.M., La classificazione sismica in Italia, oggi (2014). Progettazione Sismica – Vol. 5, N. 3, Anno 2014, DOI 10.7414/PS.5.3.13-23

 

 

5 thoughts on “La mappa di pericolosità sismica (parte seconda); usi, abusi, fraintendimenti (di Massimiliano Stucchi)

  1. Mi sono imbattuta nel post a seguito di una ricerca su web per approfondire la relazione tra zone sismiche e normative. Questo testo è uno dei più chiari finora trovati. Molto utile, grazie

  2. Pingback: Verso il nuovo modello di pericolosità sismica per l’Italia (colloquio con Carlo Meletti) | Terremoti e grandi rischi (earthquakes and great risks)

  3. Chiarissimo. Ri-costruire secondo le norme sismiche vigenti Visso, Ussita, Castelluccio, etc. sarebbe già un grande risultato, forse non saranno belli come prima, ma di certo in nostri pronipoti non dovranno temere i terremoti che, come la storia insegna, con grande probabilità ci saranno in futuro nelle stesse zone

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