Il 18 gennaio 2013 – casualmente lo stesso giorno del rilascio del testo della sentenza “Grandi Rischi” – si tenne a Milano un workshop dal titolo “Tracce di sismologia fra passato e futuro”, che ospitò, tra le altre cose, una tavola rotonda dal titolo “Ricercatori e responsabilità civili e penali”. Riportiamo qui oggi un riassunto dell’intervento di Bruno Zolesi, dirigente di ricerca dell’INGV, che analizza la problematica della tavola rotonda in relazione alla meteorologia.
Anche gli antichi Romani sapevano, con pratica semplicità, che chi ritiene di avere vantaggi dicendo di conoscere il futuro mente anche se dice la verità.
Diversamente che in sismologia nella meteorologia, e più recentemente nella meteorologia spaziale meglio nota con il termine anglosassone di space weather, la previsione dei fenomeni geofisici, ben distinta tra prediction, forecasting e nowcasting, è un ovvio risultato degli studi di queste discipline.
La risonanza che ha avuto la sentenza di L’Aquila presso questa comunità scientifica internazionale è stata quindi molto rilevante. Infatti ancora nell’ultima European Space Weather Week (la conferenza annuale ove vengono presentati i risultati scientifici relativi a questo tema) tenutasi ad Anversa lo scorso mese di Novembre, è stata organizzata una sessione per discutere della responsabilità dello scienziato nella previsione dei fenomeni geofisici.
Nel recente passato, ovvero fino a pochi decenni fa, gli eventuali effetti catastrofici determinati da fenomeni riconosciuti nella categoria della meteorologia spaziale, si supponevano come estremamente rari o considerati una mera curiosità come la caduta di meteoriti sulla superficie terrestre. La loro previsione non era considerata una necessità primaria perché le conseguenze, seppure in casi particolarmente sfortunati, riguardavano solo l’aspetto economico come l’interruzione delle telecomunicazioni in HF o il blackout di energia elettrica causato da forti correnti indotte dovute alla variazione di intensi campi magnetici.
Negli ultimi decenni invece, a causa dell’enorme crescita della navigazione area sia con passeggeri sia di droni radio comandati che utilizzano sistemi di posizionamento satellitare, gli effetti e i disturbi generati da fenomeni spaziali non possono essere trascurati perché nei casi più intensi essi possono portare alla completa distruzione di questi sistemi tecnologici con conseguenze assai gravi per la vita umana. Basti pensare che negli ultimi dieci anni le rotte aeree che attraversano il polo nord (la regione dove questi effetti possono essere più intensi) sono passate da poche decine per anno ad oltre 15 mila. Ovviamente senza considerare gli effetti sulle stazioni spaziali orbitanti, tema così sensibile da essere descritto nel recente film Gravity.
Si capisce quindi quanto una buona o cattiva previsione, o banalmente la sua “accuracy”, sia cruciale anche in questo settore che si riteneva al riparo da ogni possibile critica civile.
Nel caso della meteorologia ovvero della previsione del tempo è interessante vedere come la materia sia regolata negli USA, paese con una antica tradizione di class action. Ebbene, le agenzie federali non possono comunque essere accusate di negligenza, mentre diverso è l’atteggiamento verso tutte quelle compagnie private (che in quel paese sono in numero enorme) le quali producono per una serie diversificata di utenti, allerta meteo, previsioni locali a corto e medio termine. Tralasciamo qui tutte le previsioni climatologiche a lungo o lunghissimo termine in quanto ancora oggetto del dibattito scientifico. Laddove non sia riconosciuta una palese incompetenza culturale e scientifica della compagnia l’utente non può non tenere conto a priori della eventualità che la previsione, con tutte le buone intenzioni, possa non avverarsi, poiché ciò è insito nella incertezza di ogni previsione di un evento futuro. Come diceva anche Bohr citato da Marx, Groucho Marx, fare previsioni è difficile perché si tratta del futuro o come sapevano già i Romani: Qui futura cognoscere profitetur, mentitur………..
Perché questa ovvietà non è riconosciuta in Italia? Ciò ha radici profonde che vanno da un diffuso analfabetismo scientifico alimentato da una cultura contadina e bigotta ad una tradizionale visione umanistica che nei primi decenni del secolo scorso fu sostenuta da eminenti filosofi seppure su posizioni politiche opposte. Il risultato è uno sconcertante paradosso; le sfide cruciali della modernità e della tecnologia di una società industriale vengono totalmente incomprese o, nel peggiore dei casi, avversate dalla classe politica o dalla magistratura, entrambe figlie della cultura di cui sopra. Si legga in proposito il bel libro di Cadelo e Pellicani: Contro la Modernità: le radici della cultura antiscientifica in Italia.