Dopo la replica del Procuratore Generale, che ha dichiarato di averla fatta anche per consentire alle parti civili di replicare anch’esse, e dopo quelle delle difese, manca ormai solo la replica di Coppi, difensore di Selvaggi, il 10 novembre mattina. Poi la Camera di Consiglio, “complessa” come l’ha definita la Presidente della Corte, e la Sentenza.
Nelle ultime settimane vi è stato un discreto fermento attorno al Processo di Appello.
Una insegnante del Liceo di Scienze Umane ha accompagnato gli studenti a seguire la prima udienza del processo (ma non quelle dove hanno parlato gli avvocati delle difese, ad esempio). Buona idea, se non fosse per il fatto che un’insegnante forse dovrebbe proporre attenzione a tutti i punti di vista e non condannare ancora prima del giudice. Su Newstown leggiamo “Quella di oggi – continua la prof – è stata una lezione di educazione civica e per una cittadinanza consapevole. Gli alunni devono sapere esattamente ciò che è successo e che ha sconvolto le loro vite più di quanto essi stessi si possano rendere conto. Il tutto mentre stanno continuando a crescere in una situazione ancora di difficile normalità”. Anche il terremoto, che ha sconvolto le vite degli studenti, e la difficile situazione di normalità sono colpa della “Commissione Grandi Rischi”? E ancora:
“Sono comunque rimasta colpita – continua la professoressa – dal fatto che pur non conoscendo le norme, intuitivamente i ragazzi afferrano comunque i passaggi fondamentali che hanno portato alla sentenza di primo grado come la differenza tra il concetto di previsione e prevenzione su cui alcuni media hanno giocato per confondere le acque sulla condanna di primo grado“.
I media hanno giocato? O forse il PM e il Giudice? E senza il processo Grandi Rischi, la nozione di prevenzione non si sarebbe insegnata? E infine:
“Qualcuno dei ragazzi – conclude Bonanni – si stupisce che a cinque anni dai fatti si sta discutendo ancora la colpevolezza degli imputati che ai loro occhi appare lampante in quanto mi hanno detto che anche nel loro caso sono stati tenuti nei loro letti dai genitori la notte del 6 aprile del 2009. In tal senso una ragazza mi ha detto: ‘mia madre si sente ancora in colpa per avermi tenuto a dormire dentro casa quella notte, anche se poi, a noi, non ci è successo niente’
Già, se ne discute ancora, in sede processuale. E’ previsto dal nostro Ordinamento. Educazione civica anche questa intervista, o giustizialismo? La seconda, si deve pensare, anche leggendo un post su fb in cui si definisce Mario Tozzi “uno dei vili servi disponibili” ai potenti. Tutti bravi dietro la tastiera….
A proposito di PM, Picuti non finisce di sorprenderci. Nel processo per il crollo del palazzo di via XX settembre 79, dove morirono 9 persone, Picuti ha chiesto l’assoluzione per gli imputati, in quanto i consulenti non sarebbero riusciti a produrre prove tali da consentire il superamento del ragionevole dubbio. Ma dai? E nel caso del processo “Grandi Rischi” invece sì? Disastrosi, questi consulenti, entrambi non abruzzesi tra l’altro, che erano stati sentiti dal Giudice Billi (toh, chi si rivede), giudice dell’incidente probatorio… Picuti ha quindi ottenuto che i consulenti vengano risentiti; se questa volta le loro argomentazioni saranno più consistenti, potrebbe anche modificare le proprie richieste.
Del blog di A. Ciccozzi si è già parlato in un altro post, con relativi commenti. Colpiscono varie cose: la posizione dell’autore, favorevole a una condanna quasi di principio ma non al carcere (posizione peraltro già espressa nel suo libro); il suo apparente desiderio di deporre le ostilità, sincero ma che stride non poco con l’iniziativa stessa del suo blog a pochi giorni dalla possibile sentenza e con i toni di varie prese di posizione. Colpisce, soprattutto, il suo dissertare estesamente di aspetti sismologici (dal periodo di ritorno alle caratteristiche degli sciami alle probabilità di occorrenza, ecc.), definiti “concetti elementari“.
Ecco, questo dell’essere divenuti “tutti sismologi” (molti, non solo Ciccozzi), lungi dal rappresentare una manifestazione di scienza democratica, è un fatto inquietante, al pari di qualsiasi presunzione di sapere. Il tutto, naturalmente, dopo il terremoto: particolare spesso dimenticato.
Sullo “Huffington Post” Fosco d’Amelio, geologo e divulgatore, discute del processo, della nozione di rischio e della sua percezione. A parte il titolo, disastroso come lo sono spesso i titoli scritti da altri (“Processo al terremoto de L’Aquila: Dio gioca a dadi, ma a scommettere siamo noi”), il post è molto interessante; purtroppo verso la fine si lascia andare al solito giudizio non documentato “perché è probabile che in quel caso le ingerenze politiche abbiano giocato un ruolo nella sciagurata comunicazione della Commissione grandi rischi”.
Non c’è nulla da fare, quella deve essere, a tutti i costi, la Commissione grandi rischi! Quali ingerenze politiche? Bertolaso era a capo del Dipartimento della Protezione Civile, cui gli esperti fornivano consulenza. Qualche politico indagato? E la comunicazione fu sciagurata. Comunicazione di chi, a chi? Eppure persino il giudice è chiaro, vi furono cinque momenti di comunicazione: l’intervista a De Bernardinis (quella del bicchiere di vino), rilasciata prima e trasmessa come se fosse stata rilasciata al termine della riunione (“a margine”, dice il Giudice); la conferenza stampa del cui audio non si dispone (solo dopo la sentenza di primo grado ne è emerso un breve spezzone…); le interviste a Barberi, De Bernardinis e Cialente. Questi sono i momenti di comunicazione, “sciagurata” solo per chi non si documenta. E non è un caso che, quando si riesce – con le ovvie difficoltà – a discutere con qualche cittadino aquilano di quali siano stati i messaggi che lo hanno “rassicurato”, si finisce per arrivare quasi sempre alla intervista di De Bernardinis; con l’aggiunta, in qualche caso, di riferimenti a interviste precedenti la riunione del 31 marzo (e quindi non ascrivibili a quegli esperti), o addirittura a Giuliani. Certamente non si vuole qui sostenere che chi si sentì rassicurato lo dica ora non in buona fede; si vuole sostenere che – probabilmente – ha funzionato, in questo caso come in altri, il filtro dei media e il filtro della percezione selettiva, che tutti abbiamo e inconsciamente usiamo.
Tutto il resto, verbale, bozza di verbale, ecc., compresa l’intercettazione di Bertolaso, non c’entrano nulla, in quanto non sono stati “comunicati” prima del terremoto. Il fatto che la requisitoria e la sentenza spendano centinaia di pagine per discutere di periodo di ritorno, storia sismica, precursori, sciami ecc., è solo fumo, prodotto per cercare di dare un fondamento alle deboli accuse. E non a caso sono gli argomenti più discussi dai media e dai blogger. L’inseguimento e la vivisezione delle singole frasi del verbale e della bozza di verbale, che tra l’altro non sono un resoconto stenografico, non porta da nessuno parte se qualcuno non dimostra che tali frasi, possibilmente intere, furono “comunicate”. E il fatto di dichiarare che verbale e bozza di verbale rappresentano il fondamento archetipo della comunicazione disastrosa (di una comunicazione avvenuta prima della riunione stessa) è solo una forzatura che non dovrebbe avere rilevanza in un processo. Questa forzatura non è che un processo laterale; l’analisi del verbale e della bozza assomigliano tanto all’uso della moviola dopo la partita.
Appunto: dopo la partita, quando tutti sono bravi in panchina.
Rileggendo i materiali vengono due ultime considerazioni. La prima riguarda l’intervista a De Bernardinis, dopo la riunione. Il cronista gli chiede “Come siamo messi a livello di stabilità degli edifici, case antisismiche nel capoluogo L’Aquila?“. Ecco, questa domanda non viene posta al Sindaco o all’Assessore, ma al vice capo della Protezione Civile Nazionale. Questi rinvia agli esperti come se, per entrambi (intervistatore e intervistato), la conoscenza della vulnerabilità degli edifici dell’Aquila fosse di competenza degli esperti, e non degli Amministratori Locali. E con essa la consapevolezza del rischio sismico.
Eppure la consapevolezza del rischio di casa propria dovrebbe far parte del bagaglio personale, di quella educazione civica a volte mal indirizzata; dovrebbe prendere il posto delle infinite discussioni sugli sciami e i periodi di ritorno; dovrebbe far parte, anch’essa, della lezione del terremoto dell’Aquila.
“Come siamo messi oggi a livello di sicurezza sismica nella zona dell’Aquila?” La speranza è che, dopo la sentenza, si possano aprire delle sedi di confronto reale, sul futuro e sul passato. Nel rispetto delle vittime e della verità, abbassando i toni della tastiera e discutendo dal vivo; prima della partita.